“Benedetto Petrone, gli anni ’70 e la città di Bari”: presentati il ciclo di studi e l’insieme delle iniziative per il quarantennale dell’omicidio di Benedetto Petrone

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benedetto petrone - la conferenza stampa

La presentazione a Palazzo di Città

BARI – Sono stati presentati questa mattina, a Palazzo di Città, il ciclo di studi e l’insieme della iniziative promosse dal Comune di Bari con la Fondazione Istituto Gramsci di Puglia, in collaborazione con la cattedra di Storia contemporanea di UniBa, l’IPSAIC, l’ANPI, l’Arci, la CGIL Bari, il Comitato 28 Novembre, il Coordinamento regionale antifascista e la Rete della conoscenza Puglia in occasione del quarantesimo anniversario dell’omicidio di Benedetto Petrone, giovane militante comunista di Bari vecchia, ucciso da un commando di neo fascisti dinanzi la Prefettura di Bari il 28 novembre 1977.

Ringrazio la cattedra di Storia contemporanea dell’Università di Bari, la Fondazione Gramsci, l’IPSAIC, l’ANPI, l’ARCI, la CGIL, il Comitato 28 novembre, il coordinamento regionale antifascista, la rete della conoscenza e tutti gli operatori culturali che hanno lavorato per rendere possibile questo ciclo della memoria che non si limita a una semplice commemorazione o a un convegno – ha esordito l’assessore alle Culture Silvio Maselli -. Nel quarantesimo anniversario dalla morte di Benedetto Petrone abbiamo deciso di onorare la sua memoria e quella di un’intera generazione che insieme a lui ha conosciuto l’orrore della morte violenta per aver espresso e testimoniato un’idea diversa del mondo. Viviamo in un’epoca in cui è la storia ad essere sottoposta ad un attacco drammatico, e con storia intendo quel rigoroso atteggiamento scientifico di ricerca, di verifica delle fonti che ci consente di leggere il presente alla luce del passato. Siamo costretti invece ad ascoltare quotidianamente delle vere e proprie castronerie che equiparano morti che sono incomparabili come anche processi storico-culturali e politici che è impossibile tenere sullo stesso piano. Ed è questo il motivo per cui, come Comune di Bari, abbiamo deciso di dedicare un intero ciclo di appuntamenti alla memoria, e alla storia, locale e globale. Si tratta di una scelta quanto mai necessaria in un tempo come questo, segnato dalla disinformazione di massa e dal susseguirsi di fake news che un’amministrazione pubblica ha il dovere di contrastare chiamando a raccolta, come abbiamo provato a fare, tutti coloro i quali militano per la diffusione di conoscenza nel campo dell’antifascismo democratico. Abbiamo accolto l’appello di Porzia che l’anno scorso aveva detto che si sarebbe sganciata dalle celebrazioni divenute ormai di rito e abbiamo voluto trasformare questo anniversario in qualcosa di vivo che possa rimanere patrimonio di tutte le forze democratiche della città. La due giorni di studi culminerà in una pubblicazione che vogliamo lasciare alle nuove generazioni affinché non abbiano dubbi sul fatto che Benedetto non era affatto un teppista o un giovane scansafatiche, come qualcuno cerca da anni di introdurre nel dibattito, derubricando un omicidio politico ad un fatto di mera bagarre tra gruppi criminali per le strade della città. Affermarlo significa andare contro la verità della storia: lo dicono le carte processuali e non si può più negare come l’omicidio di Benedetto abbia rappresentato il culmine dio quella tensione registrata negli anni 70 anche nella nostra città che poi, con il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, ha conosciuto la fine di una stagione di movimenti che ha travolto tutte le forze politiche. Ringrazio il professor Masella per aver curato la parte scientifica di questo ciclo di studi cui si aggiungono una serie di appuntamenti promossi non solo dalla rete antifascista ma anche, ad esempio, dalla Mediateca regionale, da alcune librerie e negozi di dischi tutti sotto la stessa matrice culturale che vuole che questa nostra città rifletta suala propria storia per costruire un furturo diverso e migliore“.

“Credo che vada definito l’ambito di intervento della fondazione Gramsci e dell’IPSAIC – ha proseguito Luigi Masella , ordinario della cattedra di Storia contemporanea dell’Università Aldo Moro di Bari – che sono i soggetti organizzatori di una parte specifica del programma illustrato dall’assessore Maselli, in particolare le due giornate di studi e la mostra, e questo in virtù del fatto che si tratta di due istituti che detengono la parte più consistente della documentazione sulla storia dei partiti e dei movimenti studenteschi e giovanili in relazione alle vicende politiche di quel periodo all’interno di un quadro documentario più vasto sulla storia pugliese.

Lunedì 27 novembre Giovanni Moro, autore di un testo importante sugli anni 70, illustrerà il quadro politico generale nazionale entro cui si situa la vicenda di Benedetto Petrone, una vicenda solo apparentemente specifica che rinvia invece alle forze e ai caratteri di quei meccanismi brutali che negli anni Settanta si erano messi in moto segnando la storia del nostro Paese. Anni di cambiamento profondo nella vita delle persone sia sul piano delle forme e dei livelli di partecipazione alla vita politica sia sul piano di una trasformazione nell’organizzazione della vita, privata e pubblica, delle generazioni giovanili protagoniste di molti movimenti in quel periodo. Un dato importante, che sarò sviluppato il pomeriggio del 28 novembre dalle relazioni di Giuseppe Cotturri, Michele Laforgia ed Enzo Mansueto che si soffermeranno rispettivamente sul quadro delle culture politiche, delle vicende processuali e delle diverse forme di cultura giovanile in quegli anni.

Una tesi sottende queste giornate di riflessione: il processo di ridefinizione della democrazia che si mette in moto quegli anni vede emergere il protagonismo giovanile che aspira a un processo di cambiamento profondo della società e della vita e che non si riconosce nei caratteri dei partiti storici dell’Italia repubblicana

Dentro questo quadro c’è la storia di giovani come Benedetto, che stanno dentro il movimento, che lottano e partecipano ai cortei organizzati da realtà interne ed esterne ai movimenti operai ma che insieme lottano per cambiare la città e il Paese. interne e d ma che insieme lottano per cambiare la città e il Paese.

A questo processo di ridefinizione della democrazia, nel senso di uno slargamento delle domande di vita partecipata, si oppone un pezzo di classi dirigenti storicamente reazionarie che per molti versi si è identificato con la storia di una parte del movimento sociale e della destra fascista nel Paese, magari interrelata con processi di condizionamento internazionali che stanno dentro l’esplosione di questa seconda guerra fredda, in Europa e non solo.

In questa logica Benedetto Petrone è la testimonianza di una vicenda non solo locale ma più ampia di cui Bari, per molti versi, è stata un terminale, ed è un elemento su cui bisogna riflettere attingendo non solo agli archivi tradizionali dei movimenti ma anche agli archivi giudiziari che conservano documenti importanti prodotti da chi allora seguito le indagini.

Questo è il quadro dentro il quale abbiamo lavorato organizzando una mostra affidata a due giovani ricercatori, la cui veste grafica è stata affidata allo studio Argentieri, che ne sarà inaugurata al termine delle lezione di Giovanni Moro, cui siamo grati per la disponibilità a partecipare a questo ciclo di studi”.

“In dieci anni grazie all’ANPI, di cui sono socia onoraria, alla CGIL, all’ARCI al Comitato 28 novembre e tutte le realtà che firmano il manifesto della rete antifascista, sono riuscita a raggiungere tutti gli obiettivi che avrei voluto per dare onore al nome di mio fratello – ha detto Porzia Petrone -. Solo chi ha dei fratelli come Benedetto può capire questo sentimento. A quarant’anni dalla sua morte non mi rivolgo agli amici di sempre di Benedetto, che mi sono stati sempre vicini, ma mi rivolgo ai ragazzi che allora non c’erano e che vogliono sapere di più e conoscere quella storia. Il 28, alla commemorazione, vorrei vedere i giovani che pensano a Benedetto come a simbolo di pace e di tolleranza e che come lui sono uniti per degli ideali. Vorrei che l’immagine di Benedetto rappresentasse per loro un simbolo positivo. Spesso con Arturo Cucciolla vado nelle scuole per parlare degli anni Settanta a Bari vecchia, quando le donne non potevano neanche aprire la bocca. Dopo la morte di Benedetto qualcosa è cambiato. Quel dolore mi ha fatto crescere, prima mi occupavo solo della casa e dei bambini, poi è stato come tornare a scuola, alla scuola della vita. Nella mia famiglia abbiamo cominciato ad informarci, a parlare, a voler capire. Questo ci ha lasciato Benedetto. Voglio dire grazie agli amici di Benedetto, a Franco Intranò e a tutti quelli che si sono impegnati perché questa città ricordasse Benedettomi fratello e la sua storia”.

“Ci tenevo a essere presente oggi – ha concluso il sindaco Antonio Decaro – perché per me è importante ricordare, anche se in questo caso non si tratta solo di celebrare la memoria ma la vita di un partigiano, un uomo di parte che ha difeso le proprie idee fino alla fine, gli ultimi e i più deboli in un quartiere complesso come la città vecchia. E lo ha fatto in un momento storico particolare che viveva un forte fermento ideologico, in un’epoca che diede vita a tante conquiste sociali e civili di cui oggi beneficiamo tutti. Nonostante siano passati 40 anni, quella di Benedetto è una storia molto attuale perché in quel periodo esistevano i collettivi, e molte persone, a partire dalla mia generazione, non li hanno mai vissuti. Il collettivo è un’arma democratica che ha consentito a tanti di difendersi dal fascismo e , quindi, da situazioni e fatti molto attuali. Quando esiste il tentativo di comprimere la libertà di informazione, come è accaduto a Ostia, o si verificano episodi gravi di razzismo negli stadi, come le offese ad Anna Frank, o più in generale si assiste a tentativi di attaccare con violenza i meccanismi della democrazia, significa che la storia di Benedetto Petrone, che ci ricorda ciò che è accaduto in quel periodo, è più che mai un esempio per tutti. Credo sia molto importante attraversare le giovani generazioni con il racconto dei fatti storici, sociali, politici e culturali dell’epoca, da cui dobbiamo trarre insegnamento per focalizzare tutti quei temi che sono ancora di grande attualità. Per questo ringrazio l’Università “Aldo Moro”, la fondazione “Antonio Gramsci”, l’ANPI, L’IPSAIC, la rete antifascista, Porzia Petrone e tutte le associazioni e le realtà che hanno collaborato”.