Cia Puglia: “Questa burocrazia ammazza le imprese agricole”

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felice ardito

Da rivedere la legge di Bilancio 2018 che pone il divieto di pagamento degli stipendi in contanti. In agricoltura spesso rapporti di lavoro brevi, per pochi giorni, serve più elasticità

BARI – “La legge di Bilancio 2018 pone divieto di pagamento degli stipendi in contanti, che sarà in vigore dal 1 luglio 2018, deve essere cambiata: giusto combattere gli abusi contro i lavoratori, ma per le aziende agricole che devono gestire rapporti di lavoro anche di soli 2 o 3 giorni, questa legge è penalizzante, appesantisce, e non poco, la gestione amministrativa dell’impresa, produce inutili lungaggini e le solite scartoffie a cui stare dietro”. E’ Raffaele Carrabba, presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani di Puglia a sostenere la necessità di cambiare la normativa, venendo incontro a un necessario alleggerimento del peso della burocrazia che rallenta, complica le cose e aumenta i costi di gestione delle imprese agricole.

LA SITUAZIONE IN PUGLIA. Le 34.700 imprese pugliesi del comparto primario che assumono manodopera rappresentano circa il 19% del totale delle aziende agricole che assumono manodopera in Italia. Oltre il 50% sono imprese medio-piccole, che rappresentano la maggior parte delle realtà imprenditoriali che assumo manodopera, con il maggior turn over di operai durante il singolo mese e che sono soggette alle stesse regole delle aziende strutturate con operai assunti per lunghi periodi. Il numero degli operai assunti in agricoltura, in Puglia, è pari a circa 186mila unità, vale a dire il 18% degli operai agricoli assunti in tutta Italia.

L’agricoltura pugliese è caratterizzata da colture che necessitano un gran numero di giornate lavorative ad alto ricambio periodico: si pensi alla coltivazione dell’uva da tavola e delle colture orticole, che necessitano di grandi numeri di operai per pochi giorni. Numerosi rapporti di lavoro devono essere chiusi per pochi giorni in un mese, per poi essere riaperti nel corso dello stesso mese per altre poche giornate.

UN’ESIGENZA PECULIARE. “Molte volte”, ha spiegato Felice Ardito, presidente provinciale di CIA Agricoltori Italiani Levante, “ci troviamo di fronte a rapporti di lavoro di 2-3 giorni in un periodo del mese. Quegli stessi rapporti lavorativi che vengono chiusi dopo pochi giorni, sono poi riaperti per un altro breve lasso di tempo. Nelle sole province di Bari e Bat ci sono oltre 38.000 ettari investiti a coltivazioni viticole, più di 120.000 ettari di oliveti, quasi 27.000 ettari di colture frutticole, circa 9.000 ettari di coltivazioni orticole. Parliamo di oltre 2,8 milioni di giornate lavorative. Parliamo di sburocratizzare ma si fa giusto l’opposto”.

Ecco perché la norma va cambiata. Per CIA Agricoltori Italiani di Puglia è necessario che il governo intervenga con urgenza sul tema. La Cia, pur condividendo l’obiettivo della norma imposta per combattere gli abusi contro i lavoratori, chiede delle semplificazioni in presenza di una situazione, come quella dell’agricoltura pugliese e barese in particolare. Ulteriori appesantimenti burocratici strozzerebbero le imprese agricole, costrette a dedicare oltre il 30% del proprio tempo-lavoro per stare dietro agli incartamenti. A ciò si aggiungono gli adempimenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. E’ necessario rivedere la normativa e la legislazione a livello nazionale, tenendo conto delle peculiarità del comparto agricolo, legato per lo più alle condizioni climatiche e alla deperibilità dei prodotti, tenendo conto della stagionalità delle operazioni colturali e della natura dei contratti di lavoro dei braccianti agricoli. “Va cambiata la norma relativa alle visite mediche alle quali un lavoratore deve sottoporsi ogni volta che viene assunto da un’azienda agricola, anche nello stesso periodo: serve attivare una sorta di libretto medico del lavoratore che l’operaio porti con sé e che attesti, per un periodo prestabilito di tempo, il suo stato di salute, indipendentemente dalla azienda presso la quale lavora. La norma va cambiata, così che sia il medico curante, che conosce le reali condizioni di salute del soggetto, a effettuare una valutazione preventiva dello stato di salute del lavoratore, a garanzia anche delle dichiarazioni che il lavoratore rilascia in sede di visita dal medico del lavoro”, ha concluso Raffaele Carrabba.