“Non vogliamo lasciare le cose a metà. L’ultimo chilometro insieme per continuare a cambiare Bari con i nostri sogni e le nostre visioni per i prossimi cinque anni”
BARI – Questa mattina, nel multisala Showville, il candidato sindaco di centrosinistra Antonio Decaro ha incontrato i cittadini baresi insieme ai candidati delle liste che lo sostengono per le elezioni amministrative del 26 maggio prossimo.
Sala gremita per seguire l’evento. Decaro ha fatto il punto a venti giorni dal voto ed ha presentato alla città alcuni cardini del programma per i prossimi 5 anni di governo.
Ecco il testo del suo intervento:
“Bentornati.
Vi dico bentornati perché proprio in questa sala nella primavera del 2014 organizzammo un evento della campagna elettorale. E devo dire che fa un certo effetto ritrovarsi qui, dopo questi cinque anni.
Bentornati qui, dunque.
Bentornato a chi era qui cinque anni fa e ha seguito passo passo quello che abbiamo fatto. A chi ha dato una mano, a chi si è impegnato al nostro fianco.
E benvenuto a chi cinque anni fa non c’era e ci guardava con sospetto o con sfiducia e oggi ha scelto di esserci. O a chi ci criticava per preconcetto o per partito preso. E poi ha imparato piano piano a conoscerci, ad apprezzare il nostro lavoro per la città.
Quando cammino per strada mi capita di incontrarne tanti. Mi dicono: “Sindaco, io non sono di quella parte politica ma sei una brava persona”, oppure “io non ho fiducia nei politici ma ho apprezzato quello che avete fatto”. Ecco, questi sono i messaggi che mi danno più soddisfazione. E non per un fatto elettorale. Ma perché sono la testimonianza che un lavoro di cinque anni, fatto bene, senza interessi personali da tutelare, con impegno, facendosi un mazzo così, mettendoci tutto quello che hai dentro, alla fine restituisce ai cittadini, anche a quelli a cui “stai antipatico”, anche a quelli che dicono “è tutto un magna magna”, anche a quelli che dicono “sono tutti uguali”, restituiscono anche a loro un po’ di fiducia nella politica.
Lo dico subito: in questi cinque anni ho capito che non siamo supereroi. Non siamo infallibili. Non siamo quelli che promettono miracoli.
Io, come dico sempre, non sono un supereroe, quella fascia tricolore non dà i super poteri.
Siamo persone semplici. Siamo persone che vogliono bene a questa città. Che hanno messo a disposizione una parte delle loro vite per migliorarla.
E noi, in questi anni, questa città l’abbiamo cambiata, l’abbiamo migliorata.
Non farò l’elenco di quello che abbiamo fatto, non voglio tediarvi, queste cose le conoscete. La Caserma Rossani, il Margherita, la Manifattura dei Tabacchi sono solo alcuni esempi. E poi la Fibronit, la fabbrica della morte che ora non c’è più. Lì faremo un parco e lo chiameremo il Parco della rinascita per dedicarlo a quelle persone che non ci sono più.
Nei prossimi giorni, inoltre, apriamo il cantiere del parco di Corso Mazzini, sull’ex Gasometro, e quel parco lo dedicheremo a Maria Maugeri perché grazie a Maria questa città non ha più paura. Maria c’era 5 anni fa ma sono convinto che è qui anche oggi.
Su questo libretto ci sono solo alcune delle cose che abbiamo realizzato e delle cose che stiamo progettando per far funzionare meglio questa città. Ma per la prima volta in una campagna elettorale, abbiamo deciso di inserire in ogni capitolo un paragrafo che racconta anche quello che è andato storto, che non è andato secondo i piani. Proprio per quello che dicevo prima. Non siamo campioni del mondo, non siamo supereroi e vogliamo che le persone ci apprezzino per quello che siamo. Dunque noi non nascondiamo i problemi sotto il tappeto. I nostri errori preferiamo guardarli in faccia, perché è l’unico modo che conosciamo per imparare a migliorare. Perché ammettere uno sbaglio non significa fallire, significa andare avanti.
Si può cambiare, si deve cambiare quando è giusto, ma cambiare è una cosa seria. Questo dobbiamo dircelo, almeno noi.
Cambiare non vuol dire insultare, gridare, fare i pagliacci. Cambiare vuol dire incontrare per ore, per giorni, per mesi, associazioni e cittadini, per modificare un provvedimento e renderlo davvero utile. Cambiare vuol dire lavorare giorno e notte per sbloccare finanziamenti che si bloccano nei corridoi polverosi della burocrazia di questo Paese. Vuol dire litigare con un funzionario che non vuole fare il suo dovere.
Cambiare vuol dire saper dialogare con chi non la pensa come te, per il bene della città.
Per cambiare ci vuole pazienza, ci vuole fatica e soprattutto ci vuole coraggio. Per cambiare non basta indossare una felpa con la scritta “Bari”, per cambiare bisogna avere il coraggio di ribellarsi ai clan della malavita, vuol dire andargli a pestare i piedi, anche a costo della propria libertà personale, vuol dire guardarli negli occhi e dire «questa non è casa tua, questa è la nostra città, la città di tutti».
Noi la città continueremo a cambiarla, così, come abbiamo fatto in questi cinque anni insieme a tutti i cittadini. Guardandoci negli occhi, dicendoci ogni giorno quello che è giusto e quello che è sbagliato e per questo io voglio ringraziare tutti i baresi, che piano piano, anche loro stanno cominciando a cambiare, a cambiare abitudini che sembravano eterne.
Abitudini che qualcuno vuole far ritornare pur di racimolare qualche voto. In questi mesi ne abbiamo sentite di tutti i colori, ma per fortuna i baresi non hanno nessuna intenzione di tornare indietro, Bari ormai è un’altra storia…
Le immagini proiettate alle mie spalle sono le nostre 6 idee per la città. Solo una piccola parte del nostro programma: MUVT – trasporto pubblico, CASSONETTI ZERO, LUCI SULLA CITTÀ, UNA CITTÀ IN OGNI QUARTIERE, VICINI DI MARE, UN PIANO DEL LAVORO.
Ecco. Queste sono idee sulla carta. Anzi, sulle slide. Ma lo era anche il Margherita, lo era anche la Rossani, lo erano i Park and Ride. Poi sono diventate cose reali, che hanno cambiato il volto della città. Ma non possiamo fermarci. Quell’opuscolo l’abbiamo chiamato “a metà strada” perché siamo convinti che ci sia ancora molto lavoro da fare. E se ci fermassimo adesso sarebbe disastroso. Non solo perché detesto lasciare le cose a metà. Ma perché il solo pensiero di lasciare in mano agli avversari tutti i soldi che siamo riusciti a portare a Bari e tutti i progetti che già abbiamo messo in cantiere, mi fa rabbrividire.
Gli avversari, già. Li conosciamo. Anche perché qualcuno, credo il loro candidato sindaco, fosse in questa sala cinque anni fa insieme a noi.
I nostri avversari sono quelli che un tempo erano lo storico centrodestra barese di Pinuccio Tatarella. E oggi si fanno colonizzare, umiliare da un’operazione costruita a tavolino.
Pasquale Di Rella, lo giuro, l’ho sentito che parlava di sé come del portatore del “vento del cambiamento”. Lui. Il vento del cambiamento. Lui che ha governato Bari per 14 anni negli ultimi 15 anni di centrosinistra. Più che il vento del cambiamento, a me sembra una bandiera, che cambia direzione al cambiare del vento.
I nostri avversari sono quelli che in cinque anni non anno fatto mezza proposta. In compenso fanno molti manifesti: cinghiali e strade allagate, Decaro vergogna! Criminali e disoccupazione, Decaro dimettiti! Mi incolperanno anche dell’uscita delle squadre italiane dalla Champions League.
Questa è la loro campagna elettorale, solo insulti, solo calunnie.
Però io non riesco a odiarli. E anche loro in fondo secondo me mi vogliono bene. Perché dopo tutti questi insulti si vede che si sentono in colpa, si pentono e vogliono farsi perdonare.
E allora convocano conferenze stampa per diffondere sondaggi che mi danno in vantaggio. Ora, io ne ho fatte di campagne elettorali, ma questa cosa non mi era mai capitata. Gli avversari che reclamizzano sondaggi che li danno perdenti.
E poi, sempre perché mi vogliono bene, pubblicano dal loro giornale (e diffondono nelle chat) un articolo dal titolo: eutanasia del centrodestra barese. In cui si racconta che ognuno fa la guerra agli altri, in quella coalizione.
Ecco, a sentire queste notizie uno direbbe: abbiamo già vinto.
No, cari amici, cari amiche. No. Non facciamo questo errore. Continuiamo a lottare, continuiamo a fare la nostra campagna, sui contenuti, sulle idee, parlando con tutti quelli che conosciamo delle cose che abbiamo fatto, di quelle che faremo, dei nostri errori e di come possiamo rimediare.
Non vi fidate dei sondaggi e degli articoli di quei giornali.
Non abbassiamo la guardia. Non abbassiamo la guardia in questi ultimi venti giorni.
Come i pugili sul ring, il più grande pugile di tutti i tempi, Mohammed Alì diceva: «I campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione».
Ecco, noi di palestra ne abbiamo fatta tanta. Non so se siamo diventati campioni, ma se vogliamo vincere questa sfida, non basterà l’allenamento. Dovremo metterci dentro i nostri desideri, i nostri sogni, le nostre visioni. E raccontarle a tutti i nostri amici, a tutti i nostri compagni di strada.
In questi ultimi venti giorni, dovremo imparare a schivare e a incassare, come Muhammad Ali, sul ring. Ma soprattutto, dovremo usare i nostri desideri contro le loro calunnie, i nostri sogni contro i loro insulti, le nostre visioni contro i loro disprezzo.
Sarà una lotta durissima e difficile, ma se faremo così, tutti insieme, quando il 26 maggio suonerà il gong, avremo vinto.
Buona fortuna a tutti voi, ai vostri sogni e alle vostre visioni, in bocca al lupo alla nostra città.
Facciamola vincere ancora“.