L’OECI barese come nuovo punto di partenza della comunità oncologica internazionale

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Nicola Silvestris: «La nostra mission è riuscire insieme ad accelerare i processi della ricerca»

BARI – Lì dove fino a qualche giorno fa c’era grande fermento organizzativo, nella volontà di tradurre una prestigiosa tre-giorni in un modello assistenziale innovativo e condiviso, ora c’è una consapevolezza: OECI Bari ha rappresentato uno spartiacque. Ci sarà un OECI prima di Bari e un OECI dopo Bari.

A consuntivo della 41a edizione degli “Oncology Days” OECI, l’unica rete europea inclusiva dedicata a migliorare l’eccellenza nella prevenzione, ricerca e cura dei tumori, ospite dell’IRCCS “Giovanni Paolo II” lo scorso 19-20-21 giugno, le porte della collaborazione tra istituti omologhi sono state spalancate. Non nasconde il successo del meeting dalla vocazione internazionale il Direttore Generale Antonio Delvino: «Gli Oncology Days nascono dalla sinergia tra il nostro IRCCS e tutti gli altri centri europei per la cura del cancro. La presenza a Bari di ricercatori di altissimo profilo scientifico ha rappresentato un riconoscimento per quello che noi nel nostro piccolo stiamo facendo, nell’ottica di offrire nuove opportunità terapeutiche ai pazienti; a quanto abbiamo avviato sinora, si aggiunge il supporto che nella tre-giorni la comunità scientifica internazionale ci ha offerto, onorandoci qui a “casa nostra” di competenze e professionalità, dopo 13 anni in cui l’assemblea generale di OECI si è sempre svolta all’estero».

La protagonista assoluta delle giornate oncologiche è stata l’eterogeneità tumorale, considerato che la malattia cambia da persona a persona, da una sede all’altra dell’organismo. «La strada è lunga e la patologia oncologica è molto complessa e, ahinoi, non troverà una risposta terapeutica a breve -aggiunge il Prof. Nicola Silvestris- soprattutto non sarà una risposta terapeutica unica, piuttosto si parla di risposta personalizzata, di trial clinici effettuati sul singolo paziente, visto che ogni paziente ha una storia biologica diversa. Dalla nostra però abbiamo la capacità di ritagliare i trattamenti su quelle che sono le caratteristiche molecolari. La sfida del cancro? La definirei una partita a scacchi in cui entrano in gioco le competenze scientifiche dei ricercatori, le capacità dei clinici di mettere in pratica e di utilizzare ciò che la scienza offre e la politica che deve supportare tutte le risorse coinvolte. Negli Stati Uniti è noto il Cancer Moonshot, la messa in rete di tutto ciò che di meglio può essere disponibile per la cura della malattia, con l’obiettivo di consentire in 5 anni i progressi che diversamente si otterrebbero in 10 anni. Noi non abbiamo un Cancer Moonshot, ma perseguiamo la stessa mission, fare rete per riuscire ad accelerare i processi della ricerca», conclude Silvestris».