Nata a Vienna il 12 febbraio del 1918, Elisa Springer era appena ventiseienne quando venne arrestata e deportata ad Auschwitz con un convoglio in partenza da Verona. La sua testimonianza, dagli orrori della Shoah e della guerra fino alla sua liberazione e al rientro in Italia, è raccolta nella sua autobiografia “Il silenzio dei vivi”, edita nel 1997 per i tipi della Marsilio Editore.
Fu un silenzio profondo, quello di Elisa, durato cinquant’anni, che si interruppe solo con la sua prima pubblicazione dedicata alla memoria dei suoi genitori, dei suoi cari e a tutti i martiri dei lager e, in particolare, al suo adorato figlio Silvio, «l’uomo che, mai, avrei sperato di conoscere», come lei stessa scrisse. Colui che la ispirò a raccontare la sua storia.
Dalla carta stampata all’arte, la vita di Elisa Springer conosce ora una nuova voce grazie alle opere inedite di Rosanna Baldari. L’occhio dell’artista compie un viaggio introspettivo e accurato attraverso i momenti narrati dalla stessa Springer – dal dolore e la paura dei campi di Auschwitz, Bergen-Belsen e Theresienstadt, alla felicità dei momenti più intimi. Ma anche la perdita, lo sconforto, la solitudine, in una narrazione compiuta che parla allo spettatore con estrema efficacia, complici le testimonianze raccolte dalla Baldari tra coloro che più furono vicini alla Springer nel corso della sua permanenza a Manduria.
Nelle scene dipinte le figure emergono dallo sfondo grazie ad una tavolozza dai colori freddi, viranti dai rosa ai blu, alle sfumature del verde e del grigio. La pittura asciutta di Rosanna Baldari mette a fuoco, decodifica e seziona i sentimenti con una linea assottigliata ed emaciata – quando geometrica ed essenziale, quando più espressionista – segno di affioramento tortuoso di un conflitto interiore raccontato a stazioni, come una Via Crucis che lo spettatore è chiamato a percorrere e risolvere insieme all’artista e ai protagonisti di questa storia. Ruolo cardine è riservato ai temi della maternità e del rapporto tra genitore e figlio, soggetti ispiratori di diverse opere; tra queste, una serie di venti lavori polimaterici e realizzati con materiali di riuso (carta, stoffe, polimeri sintetici) in un ciclo che rimanda, sia materialmente che concettualmente, alla morte, alla resurrezione e alle memorie che hanno il dovere di tramandarsi.
Una visione quasi astratta dell’arte, dunque, sempre fortemente evocativa e dalla rara capacità empatica.
Suggestiva, infine, la cornice del Museo Civico delle Grandi Guerre di Manduria, commistione significativa tra contenitore e contenuto. Queste le parole della Dott.ssa Loredana Ingrosso, sociologa e promotrice di mostre d’arte contemporanea che dichiara: «credo fermamente che un Museo non debba svolgere solo la funzione di mostrare e dunque ricordare, ma anche e soprattutto quella di coinvolgere e permettere di conoscere noi stessi attraverso le cose, soffermandosi su quello che ci siamo portati dietro dal passato sia in termini di gioie che di dolori, illustrandolo in modo innovativo e creativo».
L’inaugurazione si terrà il giorno 25 gennaio alle ore 18:00. In apertura i saluti del Dott. Gregorio Pecoraro, Sindaco del Comune di Manduria, e della Prof.ssa Alessandra Dimagli, Assessore alla Cultura del Comune di Manduria; a seguire gli interventi del curatore e critico d’arte Prof. Lorenzo Madaro, del Prof. Vito Andrea Mariggiò e della Dott.ssa Federica Lorenza Perpignano, moderati dalla Dott.ssa Loredana Ingrosso. Un intermezzo musicale dal vivo sarà eseguito da Andrea Antonello Nacci (armonica a bocca) e da Federica Lorenza Perpignano (pianoforte).
Sarà possibile visitare la mostra dal 25 gennaio fino al 1 febbraio, tutti i giorni dalle ore 10:30 alle 12:30 e dalle 17:30 alle 19:30 presso il Museo Civico delle Grandi Guerre sito in Vico L. Omodei, 28
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