L’opera, suddivisa in tre atti, racconta di un vecchio professore in pensione intenzionato a vendicarsi dello Stato che gli ha sempre dato uno stipendio misero e ingiusto. Lui è il temerario Agostino Toti, vecchio e demotivato docente di ginnasio interpretato da Paolo Panaro, che vive modestamente del suo piccolo salario ed è in conflitto con il preside del liceo nel quale insegna, il Cavalier Diana (Alessandro Epifani), che l’ha rimproverato per aver permesso a un giovane scapestrato di introdursi furtivamente nell’istituto passando da una finestra dell’aula nella quale teneva lezione. Per vendicarsi dello Stato il professor Toti decide di sposare una giovane sfortunata che, dopo la sua morte, potrà beneficiare per sempre della pensione di vedova. La scelta del bizzarro insegnante cade su Lillina (Valeria de Santis), la maltrattata figlia dei due brutali bidelli che lavorano nella sua stessa scuola (Francesco Lamacchia e Monica Veneziani). Ma la ragazza è segretamente innamorata di un ex allievo di Toti, Giacomino Delisi (Antonio Carella), il quale, per giunta, l’ha messa incinta. Scoperta la gravidanza, Lillina viene cacciata di casa, ma il professore decide di sposarla ugualmente. Anzi, sarà lui a crescere il bambino e, inoltre, permetterà allo scapestrato Giacomino di frequentare sua moglie e la sua casa.
Tutti in paese sono profondamente scandalizzati per l’inaccettabile «ménage à trois», che viene consumato disinvoltamente e senza alcun pudore dagli sfacciati membri dell’audace famiglia. Ad un certo punto, Giacomino, condizionato dalle maldicenze, decide di allontanarsi dalla scabrosa situazione e abbandona Lillina e suo figlio per seguire una nuova fidanzata. Toti, allora, affronta Giacomino con contegno da gentiluomo e lo richiama ai suoi doveri, sfidando il conformismo e il pregiudizio dei benpensanti e di quanti preferiscono indossare la maschera dell’ipocrisia e del finto perbenismo.
In uno spazio scenico non consueto, volutamente vuoto e metafisico, dove la fissità della visione frontale è continuamente infranta, gli attori di questa agile, divertente e vorticosa pièce, si aggirano fra platea e palcoscenico. E incarnano con inquietante semplicità i loro personaggi, mettendo in scena i pensieri, i turbamenti e le vicende di una famiglia «particolare» che, pur apparendo trasgressiva agli occhi della società civile del paese, è, invece, la più coerente, la più onesta e la più eticamente corretta fra tutte.
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