Presente il sindaco Antonio Decaro
BARI – La resistenza altro non è stata che la vittoria collettiva di migliaia di idee e di vite che hanno fatto la storia dell’Italia. Ognuna di queste ha la sua importanza, piccola o grande che sia, in un porto siciliano o nelle valli della Lombardia, tra i vicoli romani o nelle decorate sale del Teatro Piccinni qui a Bari, dove mi piace ricordarlo sempre, si celebrò un importante momento che assunse un ruolo determinante nelle concitate fasi che portarono al 25 aprile del 1945.
Proprio a Bari, infatti, si svolse la prima assemblea del Comitato di Liberazione Nazionale, nel gennaio del 1944, che vide la partecipazione di decine di giovani intellettuali, esponenti politici desiderosi di dare il proprio contributo alla storia di questo Paese.
Con orgoglio oggi possiamo dire che la nostra città ha contribuito con le sue tante piccole ma importanti storie al grande ed eroico mosaico della liberazione dal nazifascismo nel nostro Paese.
Penso alle riunioni nella casa editrice Laterza, all’esperienza di radio Bari, penso al ruolo del porto di Bari e dei suoi lavoratori, ai valorosi ragazzi di Bari Vecchia, a Michele Romito, alle vittime innocenti di Via Nicolò dell’Arca, al sacrificio del Generale Bellomo, all’ospitalità generosa offerta ai tanti soldati polacchi del 2° Corpo d’Armata del generale Anders, la cui figlia Anna Maria ci ha onorato della sua presenza a Bari a novembre scorso.
Sul petto di tutti quei figli della città di Bari noi oggi appuntiamo idealmente la medaglia d’oro al merito per la lotta di liberazione e la Resistenza di cui la nostra città è stata insignita.
“La libertà è quel bene che ti permette di apprezzare ogni altro bene” – diceva Montesquieu – e la libertà, riconquistata dai partigiani, dalle donne e dagli uomini della Resistenza, ancora oggi rappresenta il sogno e la meta di tanti popoli, nei posti più disparati di questo nostro pianeta, ancora scenario di violenze, crimini, sopraffazioni e dittature.
La libertà che insegue un padre che affida la sua vita e quella dei suoi figli al mare, la libertà che insegue una donna che vuole essere libera di vivere con dignità, la libertà che devono avere milioni di bambini di poter crescere dove non ci sono né bombe né povertà, miseria e disperazione ma dove ci sono scuole che insegnino loro ad essere cittadini del mondo.
In nome di tutte le libertà ancora negate, in nome di tutti gli uomini e le donne che continuano a resistere, mi tornano in mente le parole che Papa Francesco ha pronunciato al suo ritorno da Lesbo: “Perdonate la chiusura e l’indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità”.
Non dobbiamo avere paura di prestare assistenza ed accoglienza a chi ne ha bisogno anche se il colore della sua pelle, la sua lingua e la sua religione sono diverse dalla nostra. Il nostro Paese è depositario di tradizioni di civiltà, di cultura, di umanità e di accoglienza e, come ha detto il Presidente Mattarella, dobbiamo essere fieri per l’abnegazione e la generosità con cui i nostri militari e i tanti volontari salvano ed assistono migliaia di esseri umani che fuggono da guerre, da miseria e condizioni disumane.
Bari è una città di mare, di approdi, di partenze. Per secoli è stata attraversata da popoli e culture differenti e ha scelto come patrono un santo dalla pelle nera, il vescovo di Myra, quel San Nicola venerato da milioni di fedeli in tutto il mondo e che tra qualche giorno ci accingiamo a festeggiare.
Bari è una grande città del Mediterraneo che da sempre fa i conti con la vitalità di un mare che porta con sé gli echi di altri Paesi e di altre storie. Ha vissuto e vive le contraddizioni e i limiti legati all’accoglienza di popoli in fuga. Eppure non ha mai rinunciato ai principi dell’accoglienza e ad esercitare l’arte del dialogo. Continuerà a farlo, ricordando tutti quelli che fuggirono dall’Italia e dall’Europa perché perseguitati dalla dittatura nazifascista.
A questo serve essere qui oggi, per non dimenticare che è nostro dovere accogliere e lottare affinché la nostra stessa libertà sia garantita a chi ancora non ce l’ha. Perché i valori del 25 aprile confermano nuova e perenne attualità di fronte ai rigurgiti di nazionalismo e di chiusure da parte di Paesi che intendono innalzare nuovi muri sui confini dell’Europa de 21° secolo.
Oggi noi tutti dobbiamo avvertire la responsabilità della memoria, del senso e dell’importanza del ricordo e dell’insegnamento, così come ha fatto per una vita Giorgio Salamanna, che qui voglio ricordare durante la celebrazione del primo 25 aprile senza di lui.
Al di là del suo tratto umano, profondo, sensibile e discreto, la città non potrà dimenticare l’impegno ostinato di Giorgio Salamanna nel riannodare i fili della memoria e nel tener vivo il ricordo di eventi drammatici da lui vissuti direttamente. Testimone del dramma di tanti giovanissimi pugliesi strappati ai loro affetti e alla loro terra per combattere una insensata guerra di aggressione nei Balcani e, successivamente, testimone della follia delle deportazioni e dei campi di concentramento.
Dopo l’8 settembre del 1943, Giorgio diventò protagonista di quella lotta di liberazione contro il nazifascismo che fu anche impegno civile per dar vita ad una nuova identità nazionale, fondata su quei valori che oggi sono alla base della nostra Costituzione repubblicana.
Custodire la memoria di quella lotta e di quell’impegno vuol dire mantenere alta la tensione morale sul significato di libertà e giustizia. Giorgio questo lo sapeva bene tanto da farne una missione, la missione della sua vita. Raccogliere date e dati, in un archivio di inestimabile valore, da trasferire alle future generazioni, perché ricordare, come ci ha insegnato Giorgio, significa imparare dagli errori del passato e guardare con fiducia al futuro.
Preservare quel patrimonio di ideali e valori significa tutelare la nostra odierna libertà e democrazia.
Viva la libertà, viva la democrazia, viva l’Italia!”.