Lo spettacolo che ha debuttato al Romaeuropa Festival, arriva in Puglia in prima regionale sabato 23 e domenica 24 novembre al Teatro comunale Piccinni (ore 20 sabato, ore 18 domenica), per la stagione Altri Mondi del Comune di Bari, organizzata in collaborazione con PugliaCulture.
Tre dei sei racconti che compongono l’opera, saranno incarnati da tre attori della Compagnia; accanto a loro, la regista ragiona, da note biografiche, racconta i tumulti del cuore, e continua così la sua personale guerra alla rappresentazione.
Compagnia Licia Lanera / Ravenna Teatro /Teatro delle Albe
Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva, Licia Lanera, Roberto Magnani
ALTRI LIBERTINI
di Pier Vittorio Tondelli
adattamento e regia Licia Lanera
con Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva, Licia Lanera, Roberto Magnani
luci Martin Palma
sound design Francesco Curci
costumi Angela Tomasicchio
aiuto regia Nina Martorana
tecnico di Compagnia Massimiliano Tane
produzione Compagnia Licia Lanera
coproduzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro
si ringrazia Compagnia La Luna nel Letto
Pubblicata per la prima volta nel 1980 dalla casa editrice Feltrinelli, Altri libertini è l’opera prima di Pier Vittorio Tondelli. Poco dopo la sua pubblicazione, il testo fu sequestrato per oscenità e l’autore fu processato, in seguito assolto con formula ampia, dal Tribunale di Mondovì.
Dalla morte di Tondelli, per la prima volta in Italia, Licia Lanera ha ottenuto i diritti per la messa in scena dell’opera che ha debuttato il 15 ottobre 2024 al Romaeuropa Festival.
Dei sei racconti che compongono il romanzo, Lanera ha scelto di lavorare su Viaggio, Altri libertini e Autobahn. Tre racconti su cui Lanera ha lavorato drammaturgicamente incrociandoli e creando, insieme a delle note biografiche degli attori di cui Lanera si fa portavoce, un unico racconto per una messa in scena a quattro corpi : Giandomenico Cupaiuolo , Danilo Giuva, Roberto Magnani e la stessa Lanera.
“Perché ho scelto Altri libertini? Al di là del piacere puramente letterario nell’affrontare questi personaggi con la loro lingua meticciata e regressiva, e quello teatrale di occuparmi di personaggi in tumulto, ci doveva essere dell’altro. Qualcosa di più profondo che avesse a che fare con me, con la mia vita, con i miei quarant’anni, con le mie origini.
Questo qualcosa che oggi provo a definire, si è rispecchiato un giorno, come un’epifania, in quelle parole tondelliane e ha deciso di appropriarsene.
Innanzitutto un aspetto politico: due saggi di Paolo Morando ’78-’79 Dancing days e ’80 , che raccontano gli avvenimenti degli anni titolati, insieme ad una ricerca video (molto importante è stato il documentario di Comencini L’amore in Italia) mi hanno messa in relazione con la parola ‘reflusso’ (o riflusso a seconda delle fonti). Si tratta del momento esatto in cui è cominciato quel processo in cui la politica perde terreno, il capitalismo avanza e la cosa pubblica viene sostituita dal privato.
Questo processo è arrivato dritto fino a noi e ci pone davanti a due macro temi: la fine dell’ideologia e la presenza totalizzante del privato nelle narrazioni contemporanee.
Ed è questo processo che condanno, che soffro ma di cui sono totalmente parte, in cui soccombe anche la mia di narrazione, dai social al teatro.
Che cos’è questo punto di non ritorno?
Che cos’ero io?
Che cosa mia madre? Quel suo sguardo ritrovato in alcune descrizioni pasoliniane, quanto può assomigliare al mio?
Come guardo i giovani oggi? Quello spirito reazionario da giovane scapestrata degli anni 90 quanto mi fa puntare l’indice con giudizio e a volte disprezzo per le nuove generazioni e la loro ‘assenza di un corpo’.
Come sono invecchiata? Sono invecchiata?
Io e i miei compagni di viaggio ci siamo messi addosso l’etichetta di altri libertini. Vitelloni nati nel secolo scorso, senza figli, animali notturni, poca grazia nel nostro stare al mondo, bestie solitarie terrorizzati dalla solitudine, incapaci di essere genitori. Condannati a essere eternamente figli, figli dai capelli bianchi, figli coi drink in mano e la droga nel portafogli da usare rigorosamente in occasioni speciali.
Dunque questo spettacolo mette in scena Altri libertini, ma fugge dalla rappresentazione continuamente, gli attori si appropriano (anche grazie ad un periodo di prove che dura un anno) di quelle parole e alla fine Pier Vittorio Tondelli non esiste più se non nei corpi nella carne negli sputi degli attori, nelle loro biografie.
Io, con il mio corpo in scena, sono lì ‘in borghese’ a combattere questa personale guerra alla rappresentazione. Sono lì a confondere, sono lì a ricordare continuamente allo spettatore che siamo in un teatro a rievocare i morti attraverso il corpo dei vivi. Siamo qui a memento della storia. Siamo qui a raccontare le miserie di una generazione che si perpetua sempre uguale, da almeno quarant’anni.
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