I dettagli
BARI – Sarà intitolata al poeta e scrittore barese Luigi Fallacara una via nel territorio del Municipio III, nella zona Marconi San Girolamo. Le motivazioni della delibera di intitolazione, approvata dalla giunta comunale, sono state illustrate oggi dall’assessore ai Servizi elettorali, demografici e statistici Angelo Tomasicchio, durante una conferenza stampa a cui hanno partecipato Vito Lacirignola della casa editrice Stilo e Marilena Squicciarini, curatrice delle opere di Fallacara.
Il nome provvisorio della strada, non indicato dal navigatore, qualche giorno fa ha creato problemi a un equipaggio del 118 che si è perso mentre cercava di raggiungere una signora che aveva auto un malore. La delibera accoglie anche una richiesta dei consiglieri del Movimento 5 stelle.
“Con questa intitolazione – ha detto l’ assessore – l’amministrazione ha voluto ricordare la figura di un poeta e di un intellettuale poco conosciuto a Bari perché da giovane si trasferì a Firenze per completare gli studi umanistici. Uno scrittore che nelle sue opere ricorda Bari, il suo rapporto con il mare, la Basilica, il borgo antico. Fallacara ha saputo descrivere la tradizione popolare di una città che, all’inizio degli anni Trenta, stava impetuosamente cambiando, sia nel campo sociale sia in quello urbanistico, proiettandosi verso il modello dei centri urbani del nord. Intitolando una via a letterati legati alla memoria storica di Bari intendiamo costruire una memoria storiografica della nostra città grazie anche all’apporto di diverse case editrici come la Stilo e LB edizioni. Nel caso di Fallacara è stata scelta una zona protesa verso il mare. Intitoleremo nuove strade vicine ai lungomari San Cataldo e San Girolamo ad altri poeti baresi che hanno dato lustro alla nostra città, mentre sul lungomare Traiano è già presente una via dei Poeti”.
“Luigi Fallacara è, a giudizio della critica, il più grande scrittore barese della prima metà del Novecento ma la sua produzione letteraria è conosciuta più a Firenze e a Milano che nella sua città d’origine – ha proseguito Vito Lacirignola -. Da qualche anno gli studi promossi dalle facoltà di Lettere delle Università di Bari e di Milano, insieme alle diverse pubblicazioni curate da Marilena Squicciarini ed edite da Stilo Editrice, ne hanno fatto riscoprire l’importanza”.
“Un grande poeta – ha osservato Marilena Squicciarini – che ha composto opere che raccontano mirabilmente se stesso e la Bari degli anni Trenta del secolo scorso. Trasferitosi giovanissimo, nel 1912 a Firenze, si integrò pienamente nella fervente vita culturale della città toscana, collaborando con riviste di prestigio quali “Lacerba”, manifesto della corrente futuristica, e “Il Frontespizio”, all’interno della quale nacque l’esperienza dell’ermetismo. Ma non ha mai interrotto il forte legame con Bari, come dimostra il romanzo scritto nel 1936 “Terra d’argento”, da noi rimesso in circolazione qualche anno fa, nel quale è ricostruita la storia di una città che sta riscoprendo la propria vocazione commerciale: dalle vicende dei semplici mercanti di olio ai primi espositori della Fiera del Levante, che proprio nel 1930 veniva inaugurata. Ma non va dimenticata neanche la sua produzione poetica: a Bari Fallacara dedicò struggenti versi, che abbiamo ripubblicato nella raccolta “Il frutto del tempo”.
LUIGI FALLACARA
Luigi Fallacara (Bari, 13 aprile 1890 – Firenze, 15 ottobre 1963) poeta e scrittore italiano. A Bari, città di origine, frequenta prima l’istituto tecnico e poi il liceo classico, a lui più congeniale. All’età di ventidue anni si trasferisce a Firenze dove frequenta la facoltà di Lettere.
L’intensità della vita culturale e letteraria fiorentina nella prima metà del Novecento subito lo coinvolge, facendogli incontrare i principali esponenti dell’avanguardia letteraria e avvicinandolo alle riviste La Voce, Lacerba, Il Frontespizio.
In particolare stringe amicizia con Giuseppe De Robertis, il quale lo presenta a Giovanni Papini. Inizia così la collaborazione di Fallacara alla rivista Lacerba, fondata da Papini e Soffici nel 1913 e durata poco più di due anni. Questa rivista pubblica testi fondamentali, come quelli di Aldo Palazzeschi, Dino Campana, Giuseppe Ungaretti e dello stesso Ardengo Soffici. Perciò collaborare a Lacerba è come ricevere un’investitura quale componente dell’avanguardia letteraria. Dal 1917 al luglio 1918 partecipa alla Grande Guerra. Quella terribile esperienza lo segna nel profondo e crea le premesse del suo approdo alla fede cattolica, che si consolida nel successivo lungo periodo di «ritiro» ad Assisi, dal 1920 al 1925. In realtà vi si trasferisce dopo il suo matrimonio (1920) come professore di lettere in un istituto tecnico.
Ad Assisi avviene quello che Fallacara chiamerà il suo «incontro con San Francesco», quell’intenso raccoglimento spirituale che gli rivela la dimensione metafisica della poesia. Inizia così il suo lirismo mistico che, con sfumature ed esiti diversi, non lo abbandonerà più. Intanto continua a insegnare materie letterarie nelle scuole secondarie. Nel 1925, avendo vinto una cattedra a Reggio Emilia, vi si trasferisce con la famiglia e vi rimane per alcuni anni. Sono di questo periodo le sue incerte e diseguali prove narrative, come il primo romanzo A quindici anni (1932), l’altro romanzo Io sono, tu sei (1933) e, in generale, tutti i suoi scritti in prosa, che «restano su un piano minore». Nel 1933 ritorna definitivamente a Firenze e alla sua vocazione lirica. La sua attiva collaborazione come redattore della rivista di Piero Bargellini Il Frontespizio «coincide con la stagione creativamente più felice del poeta». Le nuove raccolte di liriche Confidenza (1934), Poesie d’amore (1937), Notturni (1941), evidenziano bene la sua adesione all’ermetismo, che tuttavia non si esaurisce nella semplice poetica della parola, ma recupera inquietudini esistenziali e rivela quella che il poeta chiama «ansia d’assoluto». Richiamato alle armi per la seconda guerra mondiale, evita per poco i campi di concentramento nazisti. Nell’immediato dopoguerra si dedica alla pittura, prima di produrre nuove raccolte di liriche, da Residui del tempo a Il frutto del tempo (1962), che gli valgono ampi consensi critici. Il 15 ottobre 1963 Luigi Fallacara muore a Firenze.