Mercoledì 24 luglio, all’Hotel La Terrazza Alessandro Taverna, genio degli ottantotto tasti proporrà un percorso nella Vienna musicale
BARLETTA – Momento clou al Barletta Piano Festival, dove mercoledì 24 luglio (ore 21.15), all’Hotel La Terrazza, è di scena Alessandro Taverna, artista di grande creatività musicale considerato da molti l’erede naturale di Arturo Benedetti Michelangeli. Esploso sulla scena internazionale dopo l’affermazione nel 2009 al Concorso Pianistico di Leeds, e da molti anni protagonista sulla scena concertistica mondiale con esibizioni nei principali templi della musica, dalla Scala di Milano al Musikverein di Vienna, Taverna proporrà un viaggio temporale proprio nella Vienna musicale. Toccherà gli universi di Franz Schubert, Alban Berg e Friedrich Gulda, pianista e compositore messosi prepotentemente in luce a sedici anni e già osannato a venti in Europa occidentale, nelle due Americhe e in Giappone prima di diventare protagonista di un riuscito accostamento tra classica e jazz.
Il Recital
Il recital si aprirà proprio nel segno di Gulda e dell’incontro tra questi due mondi con l’esecuzione dell’«Aria» che sembra prendere spunto nel titolo dall’omonimo pezzo sul quale sono costruite la Variazioni Goldberg di Bach, ma in realtà pare derivare direttamente dall’Andante del Concerto per pianoforte e orchestra K467 di Mozart.
Subito dopo si entrerà nel mondo di Schubert con la Wanderer-Fantasie D760 (la Fantasia in do maggiore per pianoforte del 1822), esempio mirabile di virtuosismo pianistico caratterizzato dal tema variato del primo movimento, dal clima un po’ malinconico dell’Adagio e dall’esplosione dell’allegro finale.
Si passerà ancora per il genio di Gulda con il Preludio e fuga, perfetta rappresentazione dell’eclettismo iconoclasta del musicista, prima di approdare ad Alban Berg e alla sua unica opera per pianoforte, la Sonata del 1911 che, con un unico movimento centrale in cui si intersecano tre temi ricchi di cromatismi, per i quali è richiesto un approccio tutto contrasti e slanci, si realizza con estreme conseguenze il processo di riduzione proposto a suo tempo dalla beethoveniana Sonata op.111.
La chiusura sarà nel nome di Johann Strauss, prima con lo «Schatz-Walzer» (il Valzer del tesoro) nella versione elaborata dall’ungherese Ernst von Dohnányi, poi con il celebre «Sul bel Danubio blu» rivisitato con una sfolgorante e spettacolare rielaborazione del polacco Adolf Schulz-Evler.
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