Ma Rota è anche lo stesso compositore accademico di musica strumentale e vocale che ha dovuto scontare le frequenti aderenze al mondo del cinema, e non solo di Fellini. Come se scrivere colonne sonore rappresentasse un peccato da espiare. In realtà l’intellighenzia musicale, dominata dalle avanguardie storiche, vedeva in Rota un musicista «melodico», dunque reazionario. E lui, di contro, si chiedeva come mai tonalità e melodismo dovessero essere considerati conservatori, mentre la serie dodecafonica poteva ritenersi di sinistra.
Tuttavia, oggi non possono certo essere questioni ideologiche ad intaccare l’orgoglio di chiamarsi Nino Rota, attraverso le cui musiche, suonate e riarrangiate dal flautista Giuseppe Nova, insieme con il gruppo di musicisti dell’Archimede Ensemble composto da Andrea Bertino (violino), Luca Panicciari (violoncello) e Giuseppe Boffa (contrabbasso) l’Agìmus rende omaggio all’opera di Fellini, cineasta affascinato dall’incantevole «atmosfera magica» emanata da Rota che, vale la pena ricordare, soggiornò a lungo in Puglia, sin dagli anni Trenta, prima a Taranto, per insegnare all’Istituto musicale Paisiello, poi a Bari, come docente e, infine, direttore del Conservatorio Piccinni. E fu proprio a Bari, dove spesso Fellini si recava per discutere con Rota delle colonne sonore dei suoi film, che il musicista scrisse molte delle musiche per il grande regista.
Tra Rota e Fellini ci fu da subito un’intesa eccezionale, saldatasi in una profonda ammirazione e stima. Così, nello spettacolo «Felliniana» si rincorrono le emozioni e le immagini dei film che hanno segnato la storia cinematografica del Novecento: «La strada», «Amarcord», «I vitelloni», «Le notti di Cabiria», «I clown», «La dolce vita», «Giulietta degli spiriti» e «8 e 1⁄2», con la presenza ricorrente del mondo circense. Quel mondo che per il regista romagnolo significava l’irruzione del fantastico nella ripetitività nel quotidiano della provincia. Il quotidiano che, almeno nell’immaginazione, incarna gli aneliti della fuga.
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