Dietro al culto si cela una leggenda molto singolare tramandata di generazione in generazione. Pare, infatti, che la statua in origine appartenesse agli abitanti di Carpignano, paese poco distante, i quali avrebbero abbandonato la statua del santo durante una processione a causa di un improvviso temporale. I borgagnesi non si sono lasciati sfuggire l’occasione e hanno tratto in salvo la statua abbandonata nelle campagne prendendola con sé. Leggenda vuole che i carpignanesi avessero lasciato la statua perché era troppo pesante da trasportare sotto la pioggia ma, all’arrivo dei borgagnesi, la statua divenne improvvisamente leggera, come per miracolo, e si fece trasportare con estrema facilità nel piccolo borgo di cui divenne a pieno titolo il patrono.
Malgrado il fascino rimandato da questa leggenda, Sant’Antonio non è stato l’unico a proteggere Borgagne. Osservando attentamente il quadro della Madonna del Rosario nella Chiesa Madre, si può notare come siano raffigurati, oltre alla Vergine, S. Domenico e S. Trifone, protettore del raccolto dall’invasione delle cavallette. Dal confronto del quadro con uno quasi identico presente nella Chiesa Madre di Corigliano d’Otranto, si nota che l’unica differenza è la presenza di S.Nicola, santo patrono di Corigliano, al posto di S.Trifone. Da ciò si può evincere che nella seconda metà del Seicento fosse S.Trifone il patrono della piccola frazione.
Anche la madonna del Carmine, però, era riconosciuta come protettrice del luogo con una festività ad essa dedicata.
Ad ogni modo, il culto di Sant’Antonio è stato da subito ben saldo nei cuori dei borgagnesi, tanto che, come racconta Alberto Rescio, docente di latino e materie letterarie e dottore di ricerca in storia orginario di Borgagne, in un inventario dei beni della chiesa di Borgagne del 1788 si legge che all’altare di S.Antonio era connesso il possesso di trenta pecore che venivano affittate per poi finanziare con il ricavato la festa del santo.
Tutti accorrevano ad ascoltare la messa, perfino, come si legge in un documento del 1796 redatto dall’arciprete di Borgagne Don Giuseppe Aprile, “le vedove e le zitelle”. Anche nel ‘900 il culto ha avuto le sue tradizioni che alcuni anziani del paese ancora ricordano: all’inizio dell’anno veniva comprato un maialino che veniva lasciato libero di girare per il paese, nutrito da tutti gli abitanti, e in prossimità della festa veniva venduto per finanziare i festeggiamenti.
Domani, venerdì 12 giugno si terranno due Messe, una alle 9.00 del mattino e una alle 19.00, quest’ultima presieduta da don Luca Nestola, Vicario della Forania di Vernole. Sabato 13 giugno alle 8.30 si terrà nuovamente la Santa Messa presieduta questa volta da Padre Antonio Febbraio, seguirà un’altra Messa alle 10.30 e, infine, alle 19.00 si terrà la solenne celebrazione eucaristica con la cerimonia di consegna delle chiavi della città e atto di affidamento al patrono Sant’Antono di Padova.
Quello di Sant’Antonio è un culto particolarmente sentito e radicato a Borgagne, dietro al quale si cela una leggenda molto singolare. Originariamente, infatti, pare che la statua appartenesse ai carpignanesi che l’avrebbero abbandonata nel fango nel corso di una processione colpiti da un improvviso temporale. I borgagnesi, passando di lì, avrebbero preso con sé la statua che, d’improvviso, era diventata leggera e facilmente trasportabile, come per miracolo. Sant’Antonio divenne, così, il patrono del paese.
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