Di seguito la nota della curatrice:
Nato ed attivo a Torino, comincia ad esporre negli anni Ottanta presso importanti gallerie, fra cui la Galleria Guido Carbone di Torino, la Dumont Kunsthalle di Colonia, il Palazzo delle Esposizioni di Roma, la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, la Galleria Michael Schultz di Berlino e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di San Marino. Partecipa alla Biennale di Venezia del 1991 e prende parte ad importanti rassegne collettive quali Il Cangiante, Anni Novanta, Dodici pittori italiani, Cambio di guardia, Ultime generazioni e Antologia. Dal 2000 si dedica al progetto “Io sono Dio”, culminato nel recente “Experiments”, grandi cicli pittorici in cui mette in atto una personalissima ricerca formale dove la materia pittorica, frutto di un gesto veloce su carta bagnata, attinge a conoscenze scientifiche e assunti filosofici.
Intitolata “Serie L” ed appartenente all’ampio ciclo “Io sono Dio”, la mostra si compone di circa quindici opere di grande formato caratterizzate da una pittura di impronta fauvista, il cui gesto determina la perdita di controllo sull’esito finale, subendo il fascino dell’imprevedibilità.
Con pennellate espressioniste ed una gamma cromatica acida, non rappresenta la realtà per come appare, ossia intesa come semplice imitazione, bensì per come la sente, trasformandola in colore. Prendendo le distanze da tinte veritiere e compiendo scelte cromatiche divergenti dal mondo reale, Pusole rifiuta la somiglianza cromatica oggettiva, assolvendo il colore da ogni servitù e da ogni relazione con corpi e oggetti. Il paesaggio, declinato nelle diverse sfumature del verde, del rosso e del blu, è essenziale ed esistenziale al tempo stesso: è spoglio e fa parlare l’assenza o talvolta la presenza di anonime esistenze che, simili ad anime in compagnia della propria ombra, portano con sé il peso di un dubbio.
L’architettura sacra della natura – fatta di montagne, alberi, fitti boschi rocciosi e ambienti lacustri – si fa chiave interpretativa della percezione del tempo e dello spazio. Attore protagonista dei paesaggi di Pusole è il vuoto, quel luogo in cui si muovono tempo e moti stagionali, che funge da catalizzatore di emozioni, sensazioni di attesa e mistero. Non inteso come negazione del pieno, ma come entità di per sé esistente, il vuoto può calmare ed inquietare, attivare la coscienza, dare la possibilità di ritrovare sé stessi. Diviene quello spazio, potenziale e creatore, da cui tutto ha origine e verso cui tutto si dirige, racchiude in sé l’unità dell’esistente ed è sinonimo di infinita ricchezza di possibilità, di massima apertura e libertà. Questo vuoto, espresso in suggestioni pittoriche oblique e affrettate, attiva il tempo dell’osservazione, stimola la riflessione e la forza indagatrice del nostro presente, circa ciò che siamo ed il mondo da cui proveniamo.
La totalità paesaggistica di Madre Natura esprime la propria forza spirituale grazie all’azione del Dio splendente Phanes, ossia della Luce, che permea il quadro naturale di pennellate vibranti simili a benedizioni orfiche (da Orfeo, colui che guarisce mediante la luce). Si tratta di una luce rivelatrice di verità, nel suo svelare il mondo interiore tramite la rappresentazione di quello naturale. È in questo modo che la natura di Pusole, entro la quale dimora l’enigma, dettagli accennati, interpretazioni da compiere, incontra il Simbolismo, ossia l’andare oltre ciò che si vede, ricreando la dimensione del mistero, richiedendo un chiarimento, spronando alla riflessione. Il paesaggio naturale si rivela dunque un’identificazione inconscia di un paesaggio interiore, entro cui l’uomo cerca il suo senso o il suo non senso, facendosi locuzione cartesiana del cogito ergo sum. Pertanto, è lo spirito di coscienza a donare un significato al mondo e all’esistenza, reso possibile grazie all’arte. E l’assenza, come nelle migliori pellicole di Antonioni, diviene presenza di senso, di pensiero e di un carico esistenziale pieno di dubbi e consapevolezze, riempiendo lo spazio vuoto. Così, per dirla con le parole contenute nel Daodejing «ciò che è vuoto diventa pieno…» in quanto significativo e portatore di un significato che va oltre il visibile.
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