Si è svolto tra marzo e giugno 2023, il laboratorio di lettura ad alta voce per adulti, diretto da Salvatore Della Villa. Tappa finale sarà, appunto, la restituzione pubblica del reading collettivo.
Obiettivo del laboratorio è far diventare la pratica della lettura ad alta voce, un eccellente veicolo di condivisione sociale e di piacevole occupazione del tempo libero. I partecipanti, dopo aver letto ed analizzato, il testo breve di Sacks, attraverso un approccio teatrale, tramite l’espressività performativa e vocale, hanno valorizzato l’attività di lettura dal vivo usando il mezzo letterario e poetico.
Il libro si compone di quattro piccoli testi, scritti in momenti diversi tra gli ottanta e gli ottantadue anni dell’autore. Sacks soffriva già da tempo, dal 2005, di un raro melanoma a un occhio. Se il primo testo, Mercurio, è stato scritto in un momento in cui l’autore poteva ancora pensare che il momento della morte fosse non proprio dietro l’angolo, la stesura di tutti gli altri (La mia vita, La mia tavola periodica e Shabbat) è invece successiva alla catastrofica diagnosi degli inizi del 2015: il melanoma aveva metastatizzato nel fegato. Con una prospettiva di vita di sei mesi e senza significative opzioni terapeutiche, Sacks inizia a sottoporsi a una cura che gli regala dapprima una sensazione di salute. Una sensazione breve ed effimera: il 30 agosto dello stesso anno l’autore morirà a New York, ma non prima di aver scritto gli ultimi tre testi che compongono il libro. Una sorta di resa dei conti con sé stesso.
Mercurio perché Sacks era solito contare gli anni con gli elementi della tavola periodica nella quale il mercurio occupa appunto l’ottantesima posizione.
Con La mia vita (2015) entriamo negli scritti terminali,che manifestano un distacco progressivo dalla vita. Sacks sa che non arriverà al radioattivo Polonio (elemento numero 84).
Il conclusivo Shabbat, parte dai ricordi della comunità ebraica ortodossa di Cricklewood, in Inghilterra, per ripercorrere alcune tappe della propria vicenda famigliare, intellettuale e lavorativa, l’omosessualità finalmente detta in famiglia, la scoperta del nuovo mondo americano dopo il 1960, la prossimità al suicidio nel periodo delle anfetamine.
La reazione all’annuncio di una morte imminente può comportare svariate reazioni in una persona, a maggior ragione se questa conserva una lucidità notevole. “Rifugiarsi” nel sentimento di gratitudine è stata la scelta di Sacks. Egli si dice pervaso da un sentimento di grande riconoscenza tanto nei confronti delle persone che lo hanno amato che nei confronti della vita in sé stessa, nei confronti di tutto quello che l’essere un uomo gli ha consentito di godere.
Non posso fingere di non aver paura. A dominare, però, è un sentimento di gratitudine. Ho amato e sono stato amato; ho ricevuto molto, e ho dato qualcosa in cambio; ho letto e viaggiato e pensato e scritto. Ho avuto un contatto con il mondo, di quel tipo particolare che ha luogo tra scrittori e lettori. Più di tutto, sono stato un essere senziente, un animale pensante, su questo pianeta bellissimo, il che ha rappresentato di per sé un immenso privilegio e una grandissima avventura.
Oliver Sacks, nato a Londra in una famiglia di fisici e scienziati – il più giovane di quattro fratelli di una coppia ebrea -, è stato neurologo e scrittore. In Gran Bretagna frequenta il Queen’s College a Oxford dove consegue Bachelor of Arts nel 1954 in fisiologia e biologia. Presso la stessa università, nel 1958, intraprendendo un Master of Arts, ottiene una laurea in medicina e chirurgia, che gli permette di esercitare la professione di medico. Lascia l’Inghilterra per trasferirsi prima in Canada e poi negli Stati Uniti nel 1965. Professore di Neurologia clinica presso l’Albert Einstein College of Medicine e di Neurologia alla New York University School of Medicine ha iniziato la sua attività di divulgazione scientifica descrivendo le sue esperienze…
– Ingresso gratuito –
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