Paolo De Falco: «Non è stato che un debutto». «Scena no made» ha acceso una luce su Gravina. Portandosi dietro una scia di superlativi assoluti.
GRAVINA (BA) – «Si conclude oggi questo bellissimo viaggio, un film in movimento. La strada da percorrere è ancora lunga per ritrovare i confini del sé, ma ce la stiamo mettendo tutta.Felicissima di aver dato il mio contributo in questo progetto dal valore immenso». Firmato: Aurora Maletik, la fotografa eclettica dallo stile mitteleuropeo, tra le protagoniste del progetto artistico ideato da Paolo De Falco, regista, attore, performer, musicista e fotografo che ha saputo tenere alta la bandiera della cultura, proponendo una sorta di laboratorio multidisciplinare che ha fatto dialogare, tra loro e con il pubblico, creativi, intellettuali e operatori culturali, sia locali che stranieri.
Si è potuto così assistere alla costruzione in diretta di un mosaico che ha usato il monastero di S. Sofia mettendolo in scena come un labirinto fisico e sensoriale insieme. Un luogo in cui perdersi e ritrovarsi, che ha stimolato quella che è sembrata una scrittura scenica di grandissima intensità, un dialogo serrato tra le luci, gli oggetti, i suoni e i corpi (soprattutto quelli del pubblico) che l’hanno abitato in un continuo movimento e le stanze, il chiostro, le terrazze, i sotterranei e il cortile trasformato in un magico teatro circolare fatto di paglia e legno. Come già previsto dalle intenzioni programmatiche, si è compreso che la Via Appia, più che come un percorso geografico, può essere attraversata idealmente, diventando un pretesto, una radice che attiva una ricerca sociale e identitaria profonda. «Perché– spiega De Falco- ciò che importa è attivare un processo poetico nell’intimo di ognuno, che si nutre di narrazioni e riflessioni».
Tre giorni cominciati venerdì e conclusisi domenica che, grazie all’inventiva di De Falco, travolgente come uno tsunami, ha radunato personalità ed energie eclettiche e di grande esperienza, narratori che hanno attraversato con il corpo e con la mente paesaggi e territori nel tempo e nello spazio. Ed è stato subito chiaro che l’obiettivo fosse quello di amplificare il senso di appartenenza delle persone ai luoghi, al viaggio, ricollegando le radici del passato (murgiano, pugliese e italiano) a quelle del futuro dato che, come ha sottolineato sempre De Falco in apertura davanti a un numeroso pubblico, «è importante sviluppare in noi un amore verso il domani, che è lo straniero per eccellenza, mettendoci di nuovo in cammino come genitori che hanno fiducia dei loro figli e per questo cercano e lavorano ancora nel presente».
Missione compiuta, a dire anche degli altri interpreti al centro di “Scena no made”. «Abbiamo toccato il cuore di questa comunità nomade e sinceramente non mi aspettavo neanche io una tale abbondanza di contenuti -è il commento dell’attrice JellyChiaradia- Ho imparato a conoscere Paolo e ciò che ha cucito in termini di relazioni, è di una qualità altissima, un lavoro meraviglioso fatto di dettagli ed eleganza nel porlo a noi di questo lembo di terra. Siamo fortunati per essere stati scelti come cuore di questo progetto europeo e non solo».
Così tra installazioni, mostre, proiezioni e performance proposti con una formula no-stop e sites pecific, e muovendosi su un filo sottile tra finzione e realtà, “Scena no made” ha regalato sorprese e svelato misteri, toccando l’anima delle persone che si aggiravano estasiate in questo luogo scelto davvero bene. Un luogo la cui destinazione d’uso non può che essere quella culturale e che invece è stato toccato da una ferita emblematica.
Venerdi notte, infatti, qualcuno è entrato nel convento e ha rubato delle attrezzature lasciando un lucchetto a un piccolo cancello che mette in comunicazione la parte inferiore con quella superiore dell’edificio. L’evidente provocazione si commenta da sola ma sta suscitando reazioni e sviluppi di cui presto si parlerà.
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