Attualità Puglia

ItcPuglia torna a parlare di reddito di cittadinanza

Uno studio confermerebbe: troppi furbetti

BARI – Solo un mese fa gli amministratori Italia in Comune Puglia avevano lanciato l’allarme. Ora, arrivano le prime avvisaglie di conferma su quanto sindaci e assessori di partito avevano puntato i riflettori. Il tema è quello del reddito di cittadinanza. Una inchiesta condotta da Il Sole 24 ore evidenzierebbe la tendenza, o quantomeno i tentativi, di aggirare le norme imposte dal governo per accedere al sostegno economico. Lo studio condotto da Alberto Magnani si baserebbe sulla discrepanza tra il dato delle richieste di reddito di cittadinanza rispetto a quello delle domande presentate all’Inps. Le prime sarebbero molte di più poiché, a far ingrossare il numero dei richiedenti, ci sarebbero, anche tanti cittadini che lavorano in nero.

Il monito lanciato settimane fa dagli iscritti al partito, in realtà, non riguardava ‘solo’ le possibilità di accesso anche a chi non ne avesse realmente bisogno ma si basava su argomentazioni più ampie, ovvero l’abitudine che viene instillata nei giovani, a mezzo di questo strumento, a un guadagno facile e senza sforzi.

“Centinaia di migliaia di cittadini si stanno abituando a usufruire del reddito di cittadinanza senza alcun orientamento al lavoro, senza obblighi di rendicontazione e, in definitiva, senza controllo”, affermava solo a inizio agosto il vicecoordinatore nazionale Michele Abbaticchio, che, da sindaco di Bitonto in provincia di Bari, evidenziava già alcuni dati decisamente anomali afferenti il suo comune. Affermazioni, le sue, a cui avevano fatto seguito quelle di altri amministratori del barese e dell’intera regione, ugualmente preoccupati dal numero esorbitante di richieste che erano state inoltrate ai servizi sociali dei rispettivi comuni.

La verità che oggi affiora dal recente studio, insomma, dimostrerebbe quanto i sindaci e assessori civici avevano già cercato di dire: troppe persone sarebbero state attratte dalla prospettiva di facili guadagni al punto da aver smesso di cercare un’occupazione, di investire sulla propria riqualificazione professionale o, addirittura, di arrivare a rifiutare un impiego perché, di fatto, peggio remunerato rispetto all’emolumento statale. A detta di Italia in Comune, si starebbe, di fatto, pericolosamente dis-educando le nuove generazioni a un guadagno comodo ma quanto mai effimero, visto che l’accesso alle forme di sostegno non può essere eterno.

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