In esposizione permanente presso la Galleria della Bottega La cornice a Taranto
TARANTO – Sono in esposizione permanente, presso La Galleria della Bottega d’arte La Cornice di Taranto, le opere di Antonella De Santis, artista nata a Matera e docente di lettere presso la Scuola Secondaria di Primo Grado.
La ricerca dell’artista attinge ai segni della storia, come per modellare il futuro, perché, per dirla con Georges Jean: “Alcuni segni hanno attraversato la storia. Come certe acque pietrificano ciò che trovano lungo il loro corso, il tempo li ha caricati di senso e mutati in simboli. Altri, sprofondati nell’oblio, sono tornati allo stato di segni convenzionali. Ma proprio nel tempo si legge la capacità di un segno di ancorarsi alla storia di un popolo, per iscriversi, come simbolo, nella memoria collettiva.”
Il passato è lì, ormai da millenni, ma occorre trasformarlo in opera d’arte, attraverso una particolare tecnica che la stessa artista definisce arte di sabbia, raccolta nei viaggi e poi utilizzata per creare queste particolari opere d’arte, sulla scia di un noto aforisma di William Blake: “Vedere un mondo in un granello di sabbia è tenere l’infinito nel cavo della mano e l’eternità in un’ora.”
E forse l’eternità è proprio nei rosoni delle basiliche, con le straordinarie simbologie di questi ultimi, che Antonella De Santis, vista la sua formazione classica e storico-archeologica, conosce molto bene, ma sa che non tutti hanno avuto modo di ripercorrere questo simbolo della memoria collettiva,che può essere rintracciato in quell’universo spirituale che non contrappone le religioni occidentali a quelle orientali ma, sia attraverso ilcristianesimo, sia attraverso il buddismo tibetano, ci conduce al “cerchio”, simbolo di perfezione e al “labirinto”, simbolo di ricerca interiore e di viaggio iniziatico.
E così anche il nostro viaggio inizia dal cerchio, perfetto nei suoi equilibri, sia come elemento decorativo a forma di rosa nei lacunari della sottocornice del tempio pagano, sia come grande finestra circolare a raggiera delle chiese romaniche e gotiche, quasi occhio (archetipi del rosone sono gli occhi delle basiliche romane del V e VI secolo), in cui – sottolinea opportunamente qualcuno- “andamento verticale ed orizzontale, cerchio, quadrato e triangolo, simmetria radiale e modulare concorrono insieme verso la sintesi compositiva in cui equilibrio dinamico e perfezione statica coincidono.”
Mi vengono in mente alcuni plastici esempi: “Suono primordiale”, uno dei suoi Mandala ispirato ad un drappo reale del Buthan che rappresenta l’antica iconografia che, secondo antiche concezioni cosmogoniche, riproduce il suono primordiale da cui avrebbe avuto origine l’universo; oppure “Paliotto barocco”, che riprende il paliotto dell’altare del duomo di S.Cataldo a Taranto; fino all’opera che riproduce il Rosone della cattedrale di Matera, con tecnica mista con sabbia e polvere di tufo materano, senza dimenticare “Astro del ciel”, che riproduce in modo originale il rosone della Basilicata di S. Francesco ad Assisi e che ha vinto un secondo premio alla mostra tenutasi a Taranto “Sulle orme di S. Francesco, il Natale nella società multietnica”.
Opere tutte dietro le quali si cela un’approfondita ricerca storica, una complessa indagine iconografica, sulla scia di artisti, quelli medievali perlopiù, che -è stato detto- “danno prova di notevole abilità tecnica, operando ai limiti delle capacità di resistenza dei materiali, nel realizzare superfici finestrate a bifora o a trifora e rosoni ornati da trafori di pietra sempre più simili a merletti e da vetrate artistiche colorate sempre più simili a caleidoscopi.”
Antonella De Santis tesse la trama di un dialogo interculturale, con il simbolo della ruota, che richiama il mandala indiano, il cerchio che racchiude il loto, seconda la condivisa etimologia sanscrita. E per noi c’è un prezioso corrispondente occidentale del loto: la rosa.
E la rosa è labirinto, è ciclo della vita, è il fiore simbolicamente legato alla devozione alla Madonna, accompagna da sempre i momenti più importanti del cammino umano, sacro ad Iside in Egitto, ad Ishtar in Mesopotamia, ad Afrodite in Grecia, a Venere a Roma, come emerge dagli studi e dalle ricerche poste in essere da Antonella De Santis.
Per arrivare al cristianesimo dove, nella letteratura di lode e di preghiera la Vergine Maria viene invocata con appellativi quali “Rosa Mystica”, “Rosa Fragrans”, “Rosa Rubens”, “Rosa Novella”, fino a “Rosa dasRosas”, Rosa tra le rose, superlativo di maestà della “Regina delle regine”.
Nel Medioevo la Rosa è talismano contro il male, è adoperata per le sue qualità taumaturgiche (cura gli incubi, l’ansia, la vista, la rabbia (rosa canina), la superstizione e la devozione le attribuiscono poteri magici come la capacità di allontanare qualunque malattia e prevenire la peste, portandola indosso.
D’altronde nessuno riceve in dono una rosa, senza leggere nel suo colore l’intenzione di chi la offre: non si può vederla senza pensare alla perfezione ed alla magnificenza della Natura, e magari alla caducità della vita e alla presenza della morte.
È, dunque, fortuna (il popolo definiva il rosone “la ruota della fortuna”), che è sempre e comunque circolare, che è una ruota, come ci ricorda Dante: però giri Fortuna la sua rota (Inferno, XV, 95).
Fortuna che Antonella De Santis convoca quando disegna un Mandala a mano libera, creando giochi geometrici sempre diversi ed effetti ottici ipnotici.