“I patti vanno rispettati, produttori penalizzati da prezzi inferiori a quelli del 1997”. L’organizzazione, con l’assessore Donato Pentassuglia, al fianco dei produttori di latte. Le cause della crisi: giochi al ribasso, impennata dei costi di produzione, accordi aggirati
LECCE – Al supermercato, un litro di latte fresco costa fino a 1,65 euro. Lo stesso litro di latte viene pagato all’allevatore, primo anello della filiera, 40 centesimi. Il prezzo riconosciuto ai produttori è lo stesso di 24 anni fa, anzi è addirittura leggermente inferiore, poiché nel 1997 un litro di latte munto in stalla aveva una quotazione di 900 lire (che corrispondono agli attuali 45 centesimi). Questo spiega solo in parte la crisi degli allevatori, perché ad azzerare la redditività delle loro aziende non c’è soltanto un compenso al ribasso, ma anche l’aumento dei costi di produzione causato dall’incremento del prezzo dei mangimi, il rialzo delle tariffe inerenti al gasolio e all’energia elettrica, i costi aggiuntivi determinati dagli eventi climatici estremi degli ultimi due anni. “Il sottosegretario alle Politiche Agricole Francesco Battistoni è stato in Puglia, dove ha giustamente lodato l’esempio di uno dei più grandi caseifici pugliesi che negli ultimi anni è passato da 15 a 96 milioni di fatturato e da 60 a 260 dipendenti, soprattutto grazie all’exploit della burrata, un prodotto sempre più apprezzato in tutto il mondo.
SENZA LATTE LA FILIERA SI FERMA. Il segreto di quel successo sta nella qualità del latte fornito dagli allevamenti della Murgia barese e tarantina, che fornisce qualità organolettiche a prodotti che ci vengono riconosciuti a livello internazionale e che sono esportati in tutto il mondo. Non si comprende, dunque, come mai da un quarto di secolo agli allevatori vengono dati solo riconoscimenti morali ma non economici. Il valore aggiunto, infatti, va a finire soltanto nelle tasche dei restanti anelli della filiera. Gli stessi anelli sono cresciuti negli ultimi decenni grazie al latte di qualità pugliese e anche grazie a risorse economiche pubbliche. Senza il latte prodotto dagli allevatori non c’è burrata, non ci sono mozzarelle e formaggi, la filiera si ferma. A quel latte, al buon latte pugliese, e al lavoro necessario per ottenerlo (dalla nutrizione e cura degli animali alla gestione degli impianti, fino agli stipendi dei dipendenti) deve essere riconosciuto il giusto valore”, ha dichiarato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia, l’organizzazione che per oltre un anno si è battuta affinché si arrivasse, lo scorso 7 ottobre, alla sottoscrizione del Protocollo per la stabilità, la sostenibilità e la valorizzazione della filiera lattiero-casearia pugliese. “E’ passato quasi un mese da allora“, ha aggiunto Carrabba, “e nell’intesa sottoscritta da tutti, anche dalle associazioni che difendono gli interessi di caseifici e Gdo, ogni parte si era impegnata a riconoscere prezzi non inferiori ai costo di produzione, tanto sul versante della produzione primaria che su quello della trasformazione, in considerazione di elaborazioni oggettive di istituzioni quali ISMEA, Università, riconosciuti Centri di studio e ricerca“, ha ricordato il presidente di CIA Puglia.
L’IMPEGNO A UN MESE DALLA FIRMA DEL PROTOCOLLO. Il Protocollo sottoscritto lo scorso 7 ottobre 2021, infatti, consta di tre articoli fondamentali: nel primo, i sottoscrittori si impegnano a “garantire un rapporto equilibrato tra gli operatori della filiera“, basato sulla “remuneratività” “per ciascuna componente” attraverso la condivisione del “principio etico che il mercato riconosca prezzi non inferiori ai costi di produzione, tanto sul versante della produzione primaria che su quello della trasformazione, in considerazione di elaborazioni oggettive di istituzioni quali ISMEA, Università, riconosciuti Centri di studio e ricerca“. Nel secondo articolo, vengono fissati gli impegni delle organizzazioni per “definire e condividere“, entro un mese dalla sottoscrizione del protocollo, “meccanismi di indicizzazione dei prezzi basati su parametri rappresentativi dei mercati nazionali, che costituiranno parte integrante del contratto standard“.
LA MOBILITAZIONE. L’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia, ha dichiarato che “se le violazioni all’accordo dovessero continuare – è pronto a sostenere anche una decisione drastica da parte degli allevatori, come quella di fermare le consegne del latte. “Siamo al suo fianco e al fianco degli allevatori, l’anello debole della filiera ma anche quello più importante. Se la piena operatività dell’intesa raggiunta col Protocollo del 7 ottobre dovesse continuare ad essere tradita e aggirata, a tutto svantaggio dei produttori primari di latte, CIA Puglia è pronta a mobilitarsi e a mobilitare i suoi associati con le forme di protesta da concordare. Troppe aziende rischiano di scomparire, la situazione è realmente critica e gravissima“.