La nota del laboratorio politico-progressista
MANDURIA (TA) – “Apprendiamo, dalla cronaca locale, che sarebbe imminente il verificarsi della più volte paventata ipotesi di depotenziamento dell’ospedale Marianna Giannuzzi di Manduria,che rischierebbe di perdere anche i reparti di Nefrologia, Cardiologia e l’Unità Coronarica. La notizia, che per il momento non trova conferma presso gli uffici del competente Assessorato regionale, non sarebbe propriamente una novità, in quanto tale ridimensionamento è già previsto nel Piano regionale di riordino ospedaliero. Il destino del Giannuzzi insomma sarebbe già scritto, ma il suo compimento non è né immediato né prevedibile a breve termine, tuttavia sicuramente subordinato all’apertura del S. Cataldo a Taranto“.
Si legge così in una nota di Manduria Lab, che prosegue: “Continuiamo a non capire come sarà possibile privare un territorio, così carente dal punto di vista delle infrastrutture stradali come il nostro, dell’unico presidio sanitario raggiungibile in tempi accettabili dai pazienti di molti dei comuni vicini. Stiamo parlando di un’utenza di decine di migliaia di persone, che per di più raddoppia nella stagione balneare. Ma ci risulta assai difficile da comprendere soprattutto la “ratio”che ha condotto la Regione Puglia, da una parte, a destinare al Giannuzzi sostanziosi investimenti, anche per interventi strutturali, dotando Manduria dell’unico reparto di rianimazione presente nei presidi periferici delle tre province di Taranto, Brindisi e Lecce e, dall’altra, in forza di una centralizzazione che dovrebbe garantire economicità ed efficienza, ad attuare un progressivo depauperamento di reparti perfettamente operativi, preludio ad una probabile chiusura definitiva dell’ospedale. Così come resta difficile comprendere ed accettare quella che sembra essere una costante penalizzazione della nostra provincia, nel momento in cui, a fronte del depotenziamento di presidi sanitari indispensabili, si prevede la sopraelevazione di discariche o si ipotizza la riapertura di altre, come la Vergine, già fonti accertate di compromissione delle matrici ambientali. Che fare dunque? L’unica soluzione definitiva alla condanna che pende sul Giannuzzi ci sembra la modifica del Piano regionale di riordino, che è una cosa perfettamente fattibile, qualora vi sia la volontà politica di mettervi mano, come risulta dall’esperienza di altre regioni italiane. Chiediamo pertanto ai consiglieri regionali del territorio che si impegnino per il raggiungimento di questo obiettivo, sottolineando ancora una volta, a chi in Regione ha il potere di farlo, in primis al Presidente Emiliano, che la richiesta non nasce da ragioni campanilistiche ma da reali esigenze territoriali“.
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