Anche la Puglia. Un team di ricercatori del Poliba studia la falda profonda dell’acquifero salentino per sviluppare metodi innovativi di valutazione del rischio di salinizzazione degli acquiferi costieri
BARI – Fino alla metà del secolo scorso, gli agricoltori pugliesi, testimoniavano il passaggio delle stagioni scrutando più il cielo, che non il sottosuolo. L’interpretazione, frutto dell’esperienza, riguardava le previsioni meteorologiche prossime. Sicché un inverno piovoso o siccitoso poteva costituire ricchezza o povertà per i campi e i raccolti, oltre che per la disponibilità di riserve idriche per uso civile.
In Puglia, e in particolare nel Salento, con un clima mediterraneo e un sottosuolo carsico, la disponibilità dell’acqua ha costituito da sempre una priorità. Le acque delle falde superficiali captate da pozzi scavati a mano sin dal XVI° secolo (trozze), assieme a quelle derivanti dal recupero delle precipitazioni, hanno rappresentato per lungo tempo l’unica forma di approvvigionamento idrico per le colture e per i fabbisogni delle popolazioni.
Dagli anni sessanta il progresso tecnologico dei sistemi di trivellazione ha favorito processi di trasformazione dell’agricoltura e dell’economia regionali inducendo una domanda idrica crescente sulle acque sotterranee pugliesi, con conseguente sovra-sfruttamento anche da parte di un numero indefinito di pozzi abusivi. Negli acquiferi carsici (Gargano, Murgia, Salento), in parte o totalmente costieri, il sovrasfruttamento ha provocato il richiamo d’acque salate d’origine marina, causando la progressiva salinizzazione delle acque sotterranee. Tale fenomeno, che è limitato alle fasce costiere nel Gargano e nella Murgia, ha invece interessato la quasi totalità del territorio del Salento. Infatti, in questa area, l’abnorme proliferazione di pozzi trivellati in falda profonda e l’adozione di condizioni d’esercizio determinanti forti depressioni dinamiche hanno favorito un progressivo e diffuso aumento della salinità delle acque. Ciò che accade in Puglia, e più in particolare nel Salento, non rappresenta un fenomeno isolato, ma interessa l’intero Mediterraneo.
“La salinizzazione delle acque sotterranee negli acquiferi costieri del Mediterraneo si è deteriorata profondamente negli ultimi decenni, non solo a causa dell’incessante pressione antropica ma anche per l’ulteriore sovrapporsi degli effetti del cambio climatico. Il disturbo degli equilibri naturali di tali acquiferi comporta riduzione delle riserve idriche sotterranee d’acqua dolce, mobilizzazione di acque salate prima isolate rispetto al deflusso attivo, attivazione di cortocircuiti nel trasporto degli inquinanti e modifica della qualità̀ del trasporto verso i mari”, afferma la prof.ssa Maria Dolores Fidelibus del Politecnico di Bari, responsabile scientifico del progetto MEDSAL – ”Salinization of critical groundwater reserves in coastal Mediterranean areas: Identification, Risk Assessment and Sustainable Management with the use of integrated modelling and smart ICT tools”.
Il progetto, avviato a fine settembre 2019 e di durata triennale, è finanziato dall’UE nell’ambito del programma PRIMA 2018 (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) per un valore complessivo pari a 1.390.000 mila euro, di cui 240.000 al Poliba. MEDSAL vede coinvolti 8 partner di 6 nazioni: Soil and Water Resources Institute, Hellenic Agricultural Organization (Grecia, coordinatore), Politecnico di Bari (Italia), Center for Research and Technology (Grecia), Information Technologies Institute (Grecia), Technische Hockschule Lübeck (Germania), Cyprus University of Technology (Cipro); Faculty of Science of Tunis (Tunisia), Mersin University (Turchia).
L’obiettivo del progetto MEDSAL è sviluppare un quadro integrato per il monitoraggio, la protezione e la gestione delle riserve di acque sotterranee costiere soggette a intrusione marina e altre fonti di salinizzazione. Il progetto prevede attività di campo in 5 acquiferi costieri del Mediterraneo (Boufichia–Tunisia, Rodhope-Grecia, Salento-Italia, Samos-Grecia, e Mersin-Turchia), diversi per dimensioni, caratteristiche climatiche, geologiche e pressioni antropiche.
Il team del Politecnico di Bari, che fa capo al Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica, ha selezionato quale area di studio l’acquifero carbonatico carsico costiero del Salento, sede della cosiddetta “falda profonda”. La numerosità e la tipologia dei dati storici di monitoraggio, la tipologia delle Rete di Monitoraggio e le caratteristiche di complessità fanno sì che l’acquifero mesozoico del Salento abbia un ruolo chiave di riferimento nell’ambito dell’intero progetto.
MEDSAL ambisce ad avere un impatto rilevante sulle pratiche di gestione della quantità e della qualità delle risorse idriche sotterranee attraverso l’identificazione e la definizione di strategie e misure adeguate alla protezione dal fenomeno di salinizzazione delle falde acquifere costiere. Le attività di progetto mirano a fornire criteri di riconoscimento dei vari tipi di salinizzazione delle acque sotterranee applicando metodi innovativi, con attenzione ai territori con scarsa quantità di dati e anche ad ambienti carsici complessi. Questi risultati saranno raggiunti attraverso un‘integrazione di dati isotopici, idro-geochimici e ambientali, con modelli di flusso e di trasporto delle acque sotterranee e di geostatistica avanzata. Si cercherà di sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale e dei metodi di Deep Learning al fine di migliorare la rilevazione di pattern in dati idro-geochimici e isotopici multi-dimensionali. Ciò permetterà di valutare il rischio dovuto alla salinizzazione delle acque sotterranee, oltre ad elaborare piani di gestione del rischio su misura basandosi sulle previsioni di salinizzazione e sugli scenari del cambiamento climatico. I risultati del progetto MEDSAL saranno disponibili su una piattaforma pubblica WebGIS, utile per il monitoraggio, l’allerta, il supporto decisionale e la gestione delle risorse idriche sotterranee costiere dell’area del Mediterraneo.
“Le risorse idriche sotterranee di questi acquiferi sono a tutt’oggi una risorsa molto importante anche ai fini del soddisfacimento della domanda idropotabile e vanno adeguatamente protette”- sostiene la prof.ssa Gabriella Balacco del Poliba, co-responsabile scientifico.
Intanto, il Poliba ha già dato avvio ad alcune attività di campo. Tra queste, quelle per il monitoraggio periodico della zona di transizione tra acque dolci e salate nell’acquifero salentino attraverso profili di temperatura e conducibilità elettrica.
Alcuni pozzi di monitoraggio (pozzi-spia) della Rete di Monitoraggio regionale, messi a disposizione del Poliba dalla Regione Puglia, sono unici nel panorama mediterraneo perché raggiungono le acque salate sotterranee. Nel mese di luglio 2020, in un pozzo-spia ubicato nel territorio comunale di San Pancrazio Salentino sono state installate una sonda dotata di sensori di pressione e temperatura in acqua dolce e due sonde, ciascuna con sensori di temperatura e conducibilità elettrica, in corrispondenza della sommità e della parte più depressa dell’interfaccia salina; queste sonde saranno in opera per tutta la durata del progetto. I dati raccolti presso tale stazione di monitoraggio saranno utili per la definizione di un innovativo approccio metodologico riguardo la tridimensionalità dei processi di salinizzazione.
Nell’autunno 2020, il team di ricerca del Politecnico ha anche realizzato un primo campionamento delle acque sotterranee su 25 pozzi appartenenti alla Rete di Monitoraggio del Salento; un secondo campionamento è previsto per la primavera del 2021. Su tali campioni saranno condotte analisi chimiche e isotopiche. I risultati di progetto, in considerazione del valore che rivestono le opere di captazione di acque sotterranee destinate all’uso potabile, supporteranno e favoriranno i contenuti della Direttiva CE/2000/60, che, con inizio nell’anno 2000, indica l’orizzonte temporale del 2024 per la definizione completa di uno “Schema di Protezione delle Acque Sotterranee”.
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