TARANTO – “L’Arcivescovo e la colomba d’Archita” è l’ultima fatica letteraria di Giuseppe Russo, noto medico neurologo tarantino, un piacevole volume di 190 pagine per i tipi di “Edizioni Archita” di Taranto.
È un Romanzo storico che, ambientato nella Taranto del ‘700, narra le vicende del famoso, e discusso, Arcivescovo della città, Monsignor Giuseppe Capecelatro, presule che ha lasciato un segno indelebile nella storia cittadina, e non solo.
Giuseppe Capecelatro, infatti, fu figura di spicco in quel periodo, la cui fama e influenza valicarono i confini del Regno di Napoli, dando di riflesso notorietà anche alla città dei due mari che, tutta stretta da mura nell’Isola, l’odierna Città vecchia, all’epoca era un poco più che un borgo di pescatori, nota soprattutto per l’amenità dei paesaggi e la bellezza dei tramonti.
Giuseppe Capecelatro è stato valente avvocato, scrittore rivoluzionario, botanico e importante biologo, archeologo attento, collezionista insaziabile, patriota fervente in tempi di rivoluzioni che hanno posto le basi per lo sviluppo delle democrazie del continente europeo e americano.
Monsignor Giuseppe Capecelatro riuscì così a tessere una rete di relazioni che lo hanno posto al centro della élite culturale europea, amato presule rivolto veramente al miglioramento dello stato sociale, oltre che morale, delle sue pecorelle.
In “L’Arcivescovo e la colomba d’Archita” Giuseppe Russo inventa una storia fantastica facendo ritrovare a Giuseppe Capecelatro la mitica colomba inventata dal grande Archita, capace di volare e di cui, purtroppo, si sono persi i riferimenti.
È l’unica concessione al mito: grazie a studi storici delle fonti dell’epoca, Giuseppe Russo tratteggia finemente la figura di Giuseppe Capecelatro inserendolo in un grande affresco che rappresenta la Taranto del Settecento e il suo circondario, descrivendo toponimi ormai dimenticati o trasfigurati da 300 anni di “progresso”, e facendo rivivere con lui personaggi “minori” della Taranto dell’epoca: nobili, possidenti e presuli.
La storia si dipana così tra le bellezze del Mar Piccolo e del Galeso, la bucolica aria del territorio tarantino, le dinamiche trasformazioni culturali e urbanistiche della capitale Napoli, la Francia della Rivoluzione e gli Stati Uniti dell’Indipendenza. Uomini vissuti nel loro tempo e che si sono incontrati nelle vicissitudini che hanno attraversato a cui l’autore dà voce.
“L’Arcivescovo e la colomba d’Archita” risulta così una lettura colta e gradevole allo stesso tempo, in grado di affascinare il semplice appassionato di storia e appagare lo storico erudito.
Da quei fatti e da quelle storie, il messaggio che deve arrivare alle generazioni del presente è l’amore per il proprio territorio e la propria città, Taranto, che nonostante le devastazioni degli ultimi anni ha ancora molto da raccontare in termini di storia e bellezza.
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