Lecce

Otranto, il Castello e il sistema fortificato del centro antico

Un progetto per la sua conservazione e valorizzazione premiato a Camerino

BARI – Hydruntum, Reame di Napoli. E’ l’alba. E’ l’anno domini 1480 del mese di luglio del giorno 28. Quei mai sopiti timori che vengono da est diventano verità. Le navi, con i vessilli della mezza luna, di Maometto II, apparse come fantasmi, cingono dal mare la città. L’obiettivo del Sultano Ottomano è chiaro: dopo Costantinopoli, conquistare Roma e la cristianità.

A nulla servirà la resistenza dei cittadini idruntini che tenteranno una eroica difesa nel castello in attesa delle truppe del re Ferdinando II. La resistenza verrà piegata in due settimane e gli irriducibili, che diverranno martiri, saliranno sul colle della Minerva in 800. Quei fatti, tra storia e legenda, segneranno per sempre la storia di Otranto. Nella battaglia d’assedio l’uso delle armi da fuoco (bombarde) degli assalitori distrussero l’antico castello di provenienza normanno-sveva, a base quadrangolare, inadeguato ai nuovi mezzi d’attacco. L’attuale configurazione infatti, è l’esito di continue modiche avviate dopo l’assedio nel 1480. Il drammatico evento aveva messo in evidenza l’assoluta inadeguatezza delle preesistenti opere fortificate a fronte dell’evoluzione dei metodi di offesa mediante l’uso delle polvere da sparo. Riconquistata la città, gli aragonesi avviarono un’opera di potenziamento del sistema difensivo della regione rafforzando la rete dei castelli, in particolare lungo la costa ionica e adriatica. Otranto, Gallipoli, Brindisi e Taranto diventarono i caposaldi. I castelli, tra questi anche quello di Otranto, vennero adeguati a nuove architetture militari che tennnero conto dei nuovi mezzi d’offesa.

Intorno al 1492, l’intera città venne chiusa da un circuito continuo, sopraelevando le murature con un percorso di ronda, irrobustendo le basi con muri scarpati, rafforzando una delle due porte di accesso alla città: porta Alfonsina. I lavori di adeguamento proseguirono nei decenni successivi con gli spagnoli del viceregno di Napoli. La fortificazione venne ulteriormente potenziata sul finire del Cinquecento con l’aggiunta di due Bastioni pentagonali, la cosiddetta Punta di Diamante protesa verso il porto a protezione del castello. L’impianto cinquecentesco rimase pressoché inalterato sino agli inizi del XX secolo quando, per esigenze pratiche, si realizzarono piazze e nuovi collegamenti viari. Tali interventi incisero profondamente sul destino del castello e della attigua città, pregiudicando le antiche relazioni reciproche urbanistiche.

L’attuale sottoutilizzo del castello, nonostante il buono stato di conservazione generale, la parziale relazione, fra il castello, il fossato, il circuito fortificato e il centro antico hanno messo in evidenza alcuni nodi problematici. A ciò si è interessato un Laboratorio di Laurea di Architettura del Politecnico di Bari. Il lavoro di ricerca, oggetto di tesi, “Sistemi Fortificati in Terra d’Otranto. Studi analitici e percorsi interpretativi: il Castello di Otranto”, ha individuato una soluzione progettuale di conservazione e valorizzazione d’insieme. La qualità progettuale, non è passata inosservata alla commissione della 18° edizione del premio d’Architettura, SACU 2018, tenutasi a Camerino (MC) lo scorso agosto che ne ha riconosciuto il valore con apposita menzione.

La proposta, è un attento studio, condotto dai neo architetti: Baldassarre Viviana (Bitonto), Borrelli Alessia (Sammichele di Bari), Carbonara Domenico (Giovinazzo), Galanto Carla (Monopoli), Giaquinto Alessia (Palo del Colle), Mastandrea Erica (Modugno) con la super visione della relatrice, prof. Rossella de Cadilhac, docente di restauro al Poliba. Essa conduce ad una parziale riconversione d’uso del castello mirando a recuperare il rapporto con la città adiacente attraverso supporti e cuciture di integrazione ed interscambio, castello-città. In particolare, l’ipotesi progettuale, intende riscattare il fossato dalle condizioni di isolamento, puntando su un itinerario di visita che dalla Porta Alfonsina scende alla quota più bassa lungo il circuito fortificato dell’antemurale, raggiunge il castello e prosegue verso il Porto.

La conservazione passa anche attraverso la valorizzazione. In sintonia con le risorse, i bisogni e le aspettative della collettività locale, il progetto propone la trasformazione del castello in un museo emozionale, capace di attrarre abitanti del luogo e turisti che vengono guidati lungo un itinerario di visita alla scoperta delle fasi costruttive del castello condizionate dall’evoluzione dell’arte poliorcetica e delle tecniche ossidionali; della storia evolutiva della città di Otranto e del suo territorio; della cultura del luogo, attraverso racconti letterari interattivi che, non escludendo l’aspetto ludico, coinvolgono le varie forme dell’espressione artistica.

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