Da mercoledì 3 a venerdì 5 novembre
LECCE – Da mercoledì 3 a venerdì 5 novembre (ore 20:30 – ingresso gratuito con green pass obbligatorio – info e prenotazioni 3892105991 – teatro@astragali.org) la storica sede di Astràgali Teatro a Lecce ospita i tre spettacoli finalisti del Premio Teatrale Marcello Primiceri, riservato ad artisti e gruppi Under 35. La compagnia salentina, diretta da 30 anni da Fabio Tolledi, dedica alla memoria del suo fondatore, regista e giornalista, prematuramente scomparso nel 1987 in un incidente stradale, questo premio riservato alle compagnie e alle realtà giovanili. Tra le 120 proposte giunte da tutta Italia sono stati selezionati gli spettacoli “Ci sveglieranno all’alba” della compagnia bolognese Sa.Ma. per la regia di Reina Saracino in scena con Agata Marchi (mercoledì 3), “Il colloquio” del Collettivo LunAzione di Napoli diretto da Eduardo Di Pietro con Renato Bisogni, Alessandro Errico, Marco Montecatino (giovedì 4) e “CA/1000” di Luisa Corcione con Noemi Francesca di Estudio & Piccola Città Teatro di Napoli (venerdì 5). Il Premio, quest’anno, rientra in “Teatri a sud. Astragali 40 anni di teatro”: per celebrare i 40 anni della compagnia la rassegna, sostenuta dal Ministero della Cultura e dalla Regione Puglia – Custodiamo la cultura in Puglia 2021 – Soggetti FUS, fino a dicembre (tra la sede di Astràgali e il Teatro Paisiello a Lecce e la Distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce) proporrà spettacoli, laboratori, concerti, seminari, una sezione per il teatro ragazzi.
Si parte mercoledì 3 novembre (ore 20:30 – ingresso gratuito) con “Ci sveglieranno all’alba”, spettacolo sul diritto all’abitare della compagnia bolognese Sa.Ma. per la regia di Reina Saracino in scena con Agata Marchi, semifinalista al Premio Scenario Periferie 2019. Tempo e luogo indefinito, certamente prima e dopo l’accadimento di un fatto importante. Alfa e Beta attendono qualcosa, o forse l’arrivo di qualcuno. Alfa e Beta vivono il loro tempo in apnea restituendo allo spettatore la soffocante e sconcertante immersione in quel preciso stato emotivo reiterato e logorante che è il non agire. Alfa e Beta raccontano la condizione dello stare sott’acqua o molto in alto solo appesi ad un filo, precari, fragili che si scontra con la naturale esigenza di sopravvivere. Alfa e Beta sono abitanti di uno spazio vuoto, dimenticato, abbandonato, immobile eppure pieno di cose. Alfa e Beta sono corpi della stessa anima, due anime nello stesso corpo, sono uno sono due, sono tanti, poco importa, fanno risuonare mille voci e mille volti, anni e secoli, piccole tane di miliardi di insetti, di topi e centinaia di scarpe rimaste appese. «La maggior parte di noi ha una casa, ci sembra normale, scontato. Nella realtà, però non è per tutti così. A partire da esperienze reali vissute dalle interpreti in situazioni di autonomia e occupazione, vicinanza a storie di sfratto e emergenza, è nata l’esigenza di esplorare questo tema a livello artistico ma soprattutto antropologico», sottolinea la regista. «Durante la ricerca abbiamo raccolto materiale quali interviste e testimonianze dalle quali sono nati i testi e la scrittura scenica. Il parallelo tra il nostro lavoro di ricerca (le interviste, la collaborazione con collettivi anarchici e autonomi, storie di occupazione attuali e del passato, il lavoro costante con i giovani nelle scuole e nei luoghi occupati) e i classici (“Antigone” di Sofocle, “Gli Uccelli” di Aristofane e “Aspettando Godot” di Beckett) è stato suggestione e approdo di un lavoro che da tempo stava germogliando dentro di noi. Il fulcro è l’eterno scontro antropologico cultura/natura, uomo-animale (topo/tana, uccello/nido) o quello sofocleo dell’Antigone ovvero legge contro morale: Antigone dichiarerà di aver preferito essere fedele “alle leggi non scritte, ma infallibili degli dei” piuttosto che a quelle stabilite dagli uomini».
Giovedì 4 novembre (ore 20:30 – ingresso gratuito) il Collettivo LunAzione di Napoli proporrà “Il colloquio” diretto da Eduardo Di Pietro con Renato Bisogni, Alessandro Errico, Marco Montecatino, spettacolo vincitore del Premio Scenario Periferie 2019 e del Fersen alla regia 2021, Finalinsta a IN-BOX 2021. Il Colloquio prende ispirazione dal sistema di ammissione ai colloqui periodici con i detenuti presso il carcere di Poggioreale a Napoli. Tre donne, tra tanti altri in coda, attendono stancamente l’inizio degli incontri con i detenuti. Portano oggetti da recapitare all’interno, una di loro è incinta: in maniera differente, desiderano l’accesso al luogo che per ognuna custodisce un legame. In qualche modo la reclusione viene condivisa all’esterno dai condannati e per le tre donne, che se ne fanno carico, coincide con la stessa esistenza: i ruoli maschili si sovrappongono alle vite di ciascuna, ripercuotendosi fisicamente sul corpo, sui comportamenti, sulle attività, sulla psiche. Nella loro realtà, la detenzione è una fatalità vicina – come la morte, – che deturpa l’animo di chi resta. Pare assodato che la pena sia inutile o ingiusta. «Nel corso delle ricerche ci siamo innamorati di queste vite dimezzate, ancorate all’abisso, disposte lungo una linea di confine spaziale e sociale, costantemente protese verso l’altrove: un aldilà doloroso e ingombrante da un lato e, per contro, una vita altra, sognata, necessaria, negata. La mancanza, in entrambe le direzioni, ci è sembrata intollerabile», sottolinea il regista. «Il colloquio è la fotografia spiazzata e spiazzante di un’antropologia indagata nelle sue ragioni sociali e culturali profonde e apparentemente immodificabili, dove il femminile è restituzione di un maschile assente e quindi fatto proprio, con efficace scelta registica, da tre attori capaci di aggiungere poesia all’inesorabilità di storie già scritte e aprire spiragli onirici imprevisti», si legge nella motivazione della giuria del Premio Scenario Periferie 2019.
Venerdì 5 novembre (ore 20:30 – ingresso gratuito), infine, Estudio & Piccola Città Teatro di Napoli con “CA/1000” di Luisa Corcione con Noemi Francesca, vincitore del Roma Fringe Festival 2021. Lo spettacolo racconta la storia di un’anima rappresentando i momenti salienti della vita di Camille Claudel, artista di fine 800, dall’arrivo in manicomio a Monfavet fino alla sua “uscita” vittoriosamente perdente. Nelle sue opere, Camille Claudel è riuscita a scolpire l’animo umano, cogliendone la bellezza ma anche la crudezza e tutti quegli aspetti di cui solitamente non si vuole parlare. Gli elementi che accompagnano il personaggio di Camille in Ca/1000 sono rappresentati dal sonoro delle voci, che vengono percepite ora come una presenza assordante, ora come un tenero ricordo; da dipinti che rappresentano le compagne di viaggio di Camille (le “internate” del manicomio) che l’hanno accompagnata per trent’anni della sua esistenza, e da sculture. Si mette in scena il coraggio di Camille, la forza che l’hanno resa profonda ed autentica, ma anche logorata e ‘pazza’. Dopo l’abbandono di Rodin, Camille ha lottato moltissimo per affermare il suo talento in un periodo in cui la scultura era ancora appannaggio maschile; ha ceduto alla fine per le contingenze economiche insuperabili per una donna sola di quell’epoca. In Ca/1000 le vicende dell’esistenza personale e gli esiti dell’opera sono inestricabilmente mescolati e fusi nel comune fallimento. Molte delle sculture presenti in scena sono il suo diario, il grido disperato di un’anima che passa dalla felicità di un tormentato rapporto d’amore e quello che la legò per alcuni anni a Rodin, fino al rancore e alla rêverie di cui non è stato e mai potrà essere. «Mettiamo in scena l’esaltazione amorosa, l’illusione della felicità e delle promesse di fedeltà, dell’abbandono, del risentimento, della solitudine estrema, dell’amara consapevolezza di una ferita che mai potrà rimarginarsi. A lei fu data la dolorosa capacità di “dare forma alle proprie visioni interiori, di strappare all’ignoto che ci abita – “il salvame” del “nostro intimo” di cui parla Rilke nelle Elegie duinesi – brandelli di verità, di vedere più nitidamente ciò che altri potevano solo superficialmente intuire. Perché sono, le sue opere, sofferenza pagata», scrive Luisa Corcione nelle note di regia.
Classe 1956, appassionato di cultura, teatro, scrittura e giornalismo, Marcello Primiceri, dopo alcune esperienze a Milano e Roma, iniziò a scrivere prima per il settimanale “La Tribuna del Salento” e poi per il “Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto” (oggi Nuovo Quotidiano di Puglia) fondato nel 1979. Collaboratore nel settore Cultura e spettacoli, nel 1985 lasciò il giornale per inseguire il suo sogno. Nel 1981 aveva fondato, insieme a un gruppo di amici e amiche, Astràgali Teatro, la prima compagnia professionista del Salento. «Marcello, scegliendo di lasciare il giornalismo attivo voleva guardare negli occhi i propri interlocutori, registrarne immediatamente le reazioni, viverne le passioni», ricordò il direttore dell’epoca Vittorio Bruno Stamerra. Dopo una serie di spettacoli e progetti – “Sogno di una notte di mezza estate”, “Uccidiamo il chiaro di luna”, “Luna e acciaio”, “Aurora e deliri” – morì a soli 31 anni in una sera di pioggia del 10 dicembre 1987, sulla statale 16, nei pressi di Mola di Bari, mentre tornava dal capoluogo. «Caparbio, spesso polemico, ma rigorosamente coerente con le sue idee, con gli obiettivi che si era prefissato, inventò la compagnia con entusiasmo, e lo si capiva guardando i suoi occhi, che gli si illuminavano quando ne parlava», ha scritto Dino Levante sulla Gazzetta del Mezzogiorno nel trentennale della morte.
La compagnia Astràgali Teatro nasce nel 1981 a Lecce per fare teatro, per formare attori, per dare vita ad uno spazio di circolazione dei discorsi e delle pratiche. Riconosciuta dal 1985 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come compagnia teatrale d’innovazione, dal 2012 è sede del Centro Italiano dell’International Theatre Institute dell’Unesco ed è membro dell’Anna Lindh Euro-Mediterranean Foundation for the Dialogue between Cultures. Ha realizzato progetti artistici, spettacoli, attività in circa 30 paesi in tutto il mondo. Nel corso di questi anni numerosi spettacoli hanno trovato casa in molti luoghi si grande interesse culturale in Italia e all’estero, anche in siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
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