Il Presidente degli Psicologi di Puglia avverte: “il gruppo e i legami di dipendenza positiva, il bisogno di legami sani”
BARI – “Autolesionismo durante la ricreazione tra i banchi di una scuola media. Protagonisti alunni minorenni, soggetti più deboli e manipolabili ma non perseguibili. Per poter indagare sull’accaduto sono stati ipotizzati i reati di istigazione al suicidio e lesioni personali contro ignoti“.
Il presidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia Vincenzo Gesualdo spiega l’accaduto analizzando il caso sotto il piano psicologico: “L’atto autolesionista blocca il dolore sul piano fisico, soprassedendo al disagio emotivo. La condivisione dell’atto violento anche tramite social, nel contesto classe in cui in questo caso il branco trova linfa vitale, fa parte del continuo ricorso a internet per socializzare tipico dell’adolescenza dei tempi che viviamo. È un modo per ritrovare consenso, riconoscersi parte di una relazione, di un gruppo. Questi ragazzi hanno espresso disagio imprimendolo sul senso fisico“.
“L’adolescenza è un’età delicata – continua Gesualdo – rappresenta uno dei primi passaggi cruciali nella vita di un individuo, e uno degli istinti prevalenti è quello di seguire il branco, di assomigliarsi pur di far parte del gruppo, in questi contesti emerge la figura del capo branco, e si pensa che anche in questo caso ci sia stato un elemento prevaricatore che ha convinto i giovanissimi a ferire vicendevolmente i propri corpi“.
“Dobbiamo sviluppare, per aiutare i nostri ragazzi a crescere, un’attenzione più orientata a intercettare espressioni di disagio diffuso nel gruppo. La sensazione di solitudine potrebbe derivare, oltre che dall’imperante diffusione della società virtuale, liquida, anche da una netta trasformazione delle fondamenta tipiche vissute dai giovani, dalla scuola alla famiglia“.
Infine, lo psicologo invita alla riflessione: “Se un gruppo di adolescenti, studenti di una scuola media, sceglie di condividere fisicamente e virtualmente ferite e lesioni, non è solo per emulazione. C’è una sofferenza emotiva gestita male o mal sopportata. Questi ragazzi avranno bisogno di ripensare e ricostruire un processo lavorando con le proprie emozioni, evitando di trasformare ciò che è accaduto in una dipendenza che li aiuti a superare il disagio“.
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