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Puglia, allevamenti e florivavaismo al collasso. Cia: “Servono aiuti”

Vendite crollate per il lattiero-caseario, costi triplicati per nutrire il bestiame. Crisi totale per il settore florovivaistico, in crisi anche l’indotto, a rischio aziende e posti di lavoro. Da Foggia a Bari, dalla Bat alle province di Brindisi, Lecce e Taranto un unico grido d’allarme

BARI – In tutta la Puglia, a causa dell’emergenza Coronavirus, il settore lattiero caseario e quello florovivaistico stanno affrontando una crisi senza precedenti. A denunciarlo, dati alla mano, è CIA Agricoltori Italiani della Puglia. Da Foggia a Bari, dalla Bat alle province di Brindisi, Lecce e Taranto un unico grido d’allarme.

Il lattiero-caseario, anche volendo, non può fermarsi: le vacche devono essere nutrite ogni giorno, ridurre la produzione semplicemente non è possibile, così come è impossibile ridurre le razioni per l’alimentazione degli animali poiché significherebbe fare ammalare il bestiame e aggiungere emergenza a emergenza“, ha dichiarato Giuseppe Creanza, direttore provinciale di CIA Levante. “Il comparto lattiero-caseario pugliese conta oltre 2mila aziende con vacche e bufale, circa 3mila con ovini e caprini da latte. “Sul Gargano, a Lucera e nei Monti Dauni la situazione è molto seria. Alle difficoltà dell’emergenza contagio, si uniscono quelle della siccità che ha inaridito i pascoli”, ha aggiunto Nicola Cantatore, direttore provinciale di CIA Capitanata. Il patrimonio zootecnico regionale conta circa 70 mila capi. La zootecnia in Puglia rappresenta una grande realtà economica, espressa anche dai 3.500.000 quintali di latte bovino prodotti. Il fatturato medio complessivo si aggira intorno ai 220 milioni di euro. “Stiamo parlando di un settore d’eccellenza”, ha spiegato Vito Rubino, direttore provinciale di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi), “con un impatto molto rilevante sia dal punto di vista occupazione che sociale, visto che la presenza di questi allevamenti è un presidio del territorio e un’ancora di salvezza contro lo spopolamento delle zone rurali. Situazione molto difficile anche nel Leccese, come spiega Emanuela Longo, direttore provinciale CIA Salento: “Bisogna intervenire subito a livello nazionale e regionale per fare in modo che il latte prodotto in questo periodo venga prontamente utilizzato dai caseifici presenti sul territorio per la produzione di paste, caciocavalli e formaggi, oltre che bloccare le importazioni per favorire il consumo della produzione del nostro territorio“.

FLOROVIVAISMO AL COLLASSO. “L’altro settore più colpito è quello del florovivaismo“, ha dichiarato Raffaele Carrabba, presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani della Puglia. “Non si vendono più né fiori né piante, perché tutto è bloccato, anche le cerimonie e le ricorrenze, vale a dire le occasioni in cui normalmente si vendono più fiori. La produzione del comparto è rappresentata da prodotti deperibili. Il comparto è al collasso con il rischio del fallimento. La stragrande maggioranza delle aziende ha la produzione invenduta, con destinazione macero. Il comparto, in Puglia, si concentra nei due grandi poli di Terlizzi in provincia di Bari e Taviano in provincia di Lecce, e rappresenta un settore di tutto rispetto che a livello nazionale supera il 5% della Produzione lorda vendibile agricola. Il florovivaismo pugliese, con un valore di circa 185 milioni di euro, costituisce circa l’11% della produzione nazionale. Il settore florovivaistico pugliese con circa 1500 aziende, quasi 5.000 addetti diretti, una superficie di circa 1500 ettari e una Plv pari al 6% di quella agricola regionale totale ha un’importanza considerevole nel sistema produttivo pugliese. Notevole è l’indotto dei beni strumentali e dei servizi logistici e finanziari. Il comparto sviluppa inoltre una distribuzione capillare, con grandi e piccoli intermediari che garantiscono il trasferimento della merce deperibile in tempi brevi. “Per questo comparto non sono previsti aiuti della PAC o dell’OCM, occorrono quindi risorse economiche dirette per ristorare i produttori delle produzioni perse fino alla fine dell’emergenza. Nel frattempo, sarà necessario progettare dei piani di distretto che facciano risorgere il comparto, a partire da ricerca e sperimentazione, promozione del prodotto nazionale, affrontando il problema della logistica. Ci rincuorano le rassicurazioni della ministra Bellanova, ma non dobbiamo perdere tempo. Noi non ci arrendiamo, con l’aiuto dei consumatori e delle istituzioni ce la faremo“, ha concluso Carrabba.

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