I dettagli
BARI – Il Centro antiviolenza comunale ha avviato “Rafforzare la non violenza”, il programma finanziato dalla Regione Puglia e dal Comune di Bari che prevede una serie di azioni innovative a contrasto della violenza, dal cohousing agli inserimenti lavorativi.
Destinatari saranno tutte le vittime di ogni forma di violenza, maltrattamento e stalking che si rivolgono alla struttura e, in particolar modo, le donne che necessitano di intraprendere percorsi di autonomia abitativa e lavorativa per uscire dal circolo della violenza.
La prima azione prevista consiste nell’implementazione di sportelli antiviolenza e antistalking per le attività di informazione e prevenzione sul territorio: ne è prevista l’apertura in ogni Municipio della città. Il servizio sarà strutturato in modo da creare delle “antenne territoriali” di prevenzione, informazione e sensibilizzazione itineranti nelle scuole, mercati, piazze e nel corso di eventi di ogni genere.
Il programma, inoltre, prevede di agire strategicamente sia sul versante occupazionale sia su quello abitativo: il 70% delle donne che si sono rivolte al centro antiviolenza comunale, infatti, non lavora o ha un’occupazione precaria. Sul primo versante saranno avviate azioni di inserimento lavorativo per favorire la fuoriuscita dal circuito della violenza attraverso percorsi formativi rivolti a 5 donne, con azioni di start-up e autoimprenditorialità, acquisto di attrezzature e materiali per la realizzazione di manufatti artigianali. L’obiettivo è quello di metterle nelle condizioni di creare un’impresa economicamente sostenibile, in grado di includere un numero sempre crescente di risorse umane.
Per quanto riguarda l’autonomia abitativa, è prevista un’azione sperimentale caratterizzata da percorsi di ospitalità nella forma del cohousing: potranno accedervi donne, sole o con minori, prive di validi riferimenti familiari o per le quali si reputi opportuno l’allontanamento dal nucleo familiare e un maggior sostegno in vista dell’inserimento o reinserimento sociale. A tal fine saranno messi a disposizione appartamenti (al momento tre) in cui le donne avranno la possibilità di superare il drammatico problema della convivenza con il loro aguzzino, consentendo, al contempo, l’avvio di un reale percorso di autonomia che consenta loro di superare le difficoltà economiche in cui versano.
Questo modello abitativo potrebbe sostenere anche il reinserimento sociale e lavorativo incrementando le opportunità relazionali tra donne, favorendo la crescita dei bambini in un contesto in cui trovare assistenza e riferimenti al di fuori del proprio nucleo familiare e stimolando occasioni di confronto con altre donne.
La scelta di strutture abitative idonee sarà concentrata su appartamenti sequestrati alla criminalità organizzata, abitazioni private, strutture comunitarie che mettano a disposizione camere indipendenti con utilizzo di spazi comuni. Nel caso vi sia la necessità di allontanarsi dal territorio cittadino, dal Centro antiviolenza saranno messe a disposizione le strutture di cohousing disponibili in altre città.
“Il potenziamento dei servizi e delle attività del Centro antiviolenza comunale – commenta l’assessora al Welfare Francesca Bottalico – rappresenta uno degli obiettivi principali che ci siamo posti all’inizio del mandato. In questi anni abbiamo lavorato costantemente per rafforzare la presenza della struttura sul territorio cittadino e sviluppare azioni che potessero andare oltre il primo intervento, l’ascolto e la tutela delle vittime di violenza. Crediamo che il programma che stiamo lanciando risponda in modo innovativo ai bisogni delle donne che troppo spesso restano intrappolate nel dramma della violenza. Consentire loro di emanciparsi dal punto di vista economico e abitativo è un passaggio fondamentale nel necessario percorso di autoricostruzione e autonomia personale“.
“Il valore di tale azione è duplice – sottolinea la coordinatrice del Centro antiviolenza Marika Massara – poiché, se da un lato offre risposte concrete a un bisogno di natura oggettiva e pratica, dall’altro il riconoscersi e “viversi” fautrici del proprio percorso di ricostruzione agisce positivamente sul superamento del senso di impotenza e subalternità, più volte sperimentato, nelle relazioni di violenza. Tali percorsi saranno individualizzati e supportati anche attraverso la sperimentazione di nuove forme di accoglienza da progettare in maniera personalizzata su richiesta delle utenti“.
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