MOLA DI BARI (BA) – I grandi titoli di repertorio rivisitati e proposti in un originale allestimento. Dopo «Carmen» di Bizet e «Elisir d’amore» di Donizetti, l’Agìmus riprende i «Percorsi d’Opera» con «Rigoletto», in programma al Teatro van Westerhout di Mola di Bari sabato 20 novembre (ore 20.45) e domenica 21 novembre (ore 19.30). La riduzione del celebre melodramma di Giuseppe Verdi, che musicò il libretto di Francesco Maria Piave, è firmata da Riccardo Canessa. Ideatore e voce recitante del progetto, Canessa propone «Rigoletto» in una versione da camera nella quale le musiche del Cigno di Busseto sono affidate alle voci di Cristóbal Campo Marin (Il Duca di Mantova), Pedro Carrillo (Rigoletto), Veronica Granatiero (Gilda), Antonella Carpenito (Maddalena) e Pietro Toscano (Sparafucile) con Nicola Marasco sul podio della Suoni del Sud Chamber Orchestra.
Rigoletto è tante cose insieme: sprezzante buffone, uomo vendicativo, dolcissimo padre. Insomma, una figura psicologica complessa, che Riccardo Canessa porge al pubblico con un racconto interpuntato da arie, duetti e parti d’assieme. Tratta dal dramma storico di Victor Hugo «Il re si diverte» (Le roi s’amuse), «Rigoletto» è centrata sulla drammatica e originale figura del buffone di corte che dà il titolo all’opera, mentre il protagonista del dramma di Hugo altri non era che il Re di Francia, diventato nel melodramma verdiano il sovrano di un regno (quello di Mantova) non più esistente, con lo scopo di non incorrere nella censura austriaca. Infatti, Rigoletto esordì al Teatro La Fenice di Venezia, l’11 marzo 1851, dopo una serie di vicissitudini legate alle interdizioni degli occupanti, che ritenevano inaccettabile il ruolo negativo attribuito a un sovrano. Ma Verdi, entusiasta della pièce di Hugo, riuscì a portare in scena il lavoro, incontrando in un primo momento più il favore del pubblico che quello della critica, disorientata dalla stravaganza del testo e da una drammaturgia che sancì la nascita di una nuova figura nel melodramma italiano, il baritono verdiano dal potente declamato, scolpito nella storia con la feroce invettiva «Cortigiani, vil razza dannata». Un j’accuse con cui Rigoletto si rivolge agli adulatori del Duca di Mantova, nelle cui braccia hanno consegnato sua figlia Gilda in un gioco sprezzante dei sentimenti e della vita umana.
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