Firma la regia dello spettacolo Walter Pagliaro, tra i maggiori esperti in Italia di teatro antico. E’ coadiuvato nella messa in scena dallo scenografo Gianni Carluccio e dalla costumista Annalisa Di Piero.
Sofocle aveva previsto che un solo interprete si alternasse nei due personaggi principali, cosa che fa Micaela Esdra indossando i panni dei due protagonisti della tragedia, in cui Deianira, in attesa del marito Eracle di ritorno dall’ultima impresa guerresca, tenta di riconquistare il consorte con un filtro.
Suo malgrado però lo avvelena rendendolo folle di dolore e vendetta. A completare il cast, Elisabetta Arosio (che interpreta la nutrice, il messaggero e il vecchio), Fabrizio Amicucci (Lica), Fabio Maffei (Illo e Iole) e, infine, Cristina Maccà e Valeria Cimaglia (prima e seconda Corifea). Questi gli orari: giovedì, domenica ore 19, venerdì e sabato ore 21. Le recite di martedì e mercoledì sono riservate alle scuole.
«Forse la meno nota di Sofocle, Trachinie è sicuramente la più sorprendente», racconta Pagliaro, introducendo la figura di Deianira. «Non un’eroina come Antigone o Elettra, ma una donna apparentemente comune: potremmo definirla oggi, una madre di famiglia». Insomma, una moglie che aspetta da quindici mesi il ritorno del marito, ma che durante questa lunga assenza non ha smesso di indagare sui pericoli connessi a una così misteriosa lontananza. «Infatti anche lei, come Edipo – spiega il regista – è turbata da enigmi e ambigui oracoli che si sforza di interpretare».
Dai primi versi del dramma si apprende che tutta la vita di Deianira è stata la dolorosa, sottomessa attesa di un uomo inafferrabile e incontenibile, brutale e infedele, rovinoso e salvifico al tempo stesso. «Parliamo della compagna di un uomo pazzesco, così impegnato a ripulire il mondo dai mostri da diventare egli stesso un mostro», dice Pagliaro.
Quando la tragedia comincia, Eracle il semidio, sta per tornare al termine delle sue dodici fatiche, ma si fa precedere da una prigioniera bellissima, Iole, che sembra poter assumere nella casa il ruolo di una nuova sposa.
L’arrivo di questa giovane figura, avvolta in un sinistro velo nuziale, lacera la compostezza razionale di Deianira, che comincia a perdere il controllo di sé. Travolta dal ricordo violento del suo incontro con lo sposo, quando giovane come lole, era stata vinta da Eracle in un bestiale duello, si lascia andare alle sue più folli risorse.
Scova in uno scantinato un’ampolla contenente il sangue di un Centauro, ucciso da Eracle con una freccia intrisa nel veleno dell’Idra e, ritenendolo un potente filtro erotico, bagna con esso la tunica che invia a Eracle come dono per il suo ritorno. Ma quel filtro non riaccende la passione amorosa del marito, come le era stato promesso dal Centauro. Si rivela invece un potente veleno ustionante che brucia il corpo di Eracle, determinando la catastrofe.
«Il nostro spettacolo – spiega Pagliaro – prova a interrogarsi sulle motivazioni che spingono la donna a distruggere lo sposo. La Deianira cui pensiamo, appartiene alla nostra contemporaneità, ma non alla quotidianità. E’ una creatura visionaria, ossessionata da una sua personale mitologia. Vive in un sotterraneo, ricavato nella roccia come un sito archeologico, e da lì non esce mai. Scava continuamente nella terra, sui muri e soprattutto dentro se stessa.
Come una ricercatrice perfora il suolo alla scoperta di reperti preziosi, così Deianira gratta a mani nude la corteccia della sua memoria, per riportare alla luce lacerti del suo rapporto, vero o inventato, con lo sposo che ha devastato la sua esistenza. Forse ella desidera distruggere quell’uomo per inventare un percorso nuovo più puro e assoluto in cui il suo desiderio possa ardere nel fuoco di una passione irrazionale».
Tra l’altro, Eracle e Deianira nelle «Trachinie» non si incontrano mai. Infatti, erano interpretati da un unico attore che, come fa in questo spettacolo Micaela Esdra, cambiava costume e maschera nello spazio di 130 versi lasciati al coro e alla nutrice che entrava a raccontare la morte di Deianira.
«Sono la stessa persona? Sono due emisferi complessi del cervello umano che controllano la razionalità e l’irrazionalità? Sono l’apollineo e il dionisiaco che fanno divampare la tragedia?», si domanda Pagliaro. Che risponde: «Non possiamo dirlo con certezza, ma è probabile che esprimano una continuità, che siano due aspetti di una stessa unità».
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